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Donatella Di Cesare, Stranieri residenti. Una filosofia della
migrazione, Bollati Boringhieri, Torino 2017
Nel paesaggio politico contemporaneo, in
cui domina ancora lo Stato-nazione, il migrante è il malvenuto,
accusato di essere fuori luogo, di occupare il posto altrui. Eppure
non esiste alcun diritto sul territorio che possa giustificare la
politica sovranista del respingimento. In un’etica che guarda alla
giustizia globale, Donatella Di Cesare con limpidezza concettuale e
un passo a tratti narrativo riflette sul significato ultimo del
migrare, dando prova anche qui di saper andare subito al cuore della
questione. Abitare e migrare non si contrappongono, come vorrebbe il
senso comune, ancora preda dei vecchi fantasmi dello jus sanguinis e
dello jus
soli. In ogni migrante si deve invece riconoscere la
figura dello «straniero residente», il vero protagonista del libro.
Atene, Roma, Gerusalemme sono i modelli di città esaminati, in un
affresco superbo, per interrogarsi sul tema decisivo e attuale della
cittadinanza. Nella nuova età dei muri, in un mondo costellato da
campi di internamento per stranieri, che l’Europa pretende di tenere
alle sue porte, Di Cesare sostiene una politica dell’ospitalità,
fondata sulla separazione dal luogo in cui si risiede, e propone un
nuovo senso del coabitare.
Donatella Di Cesare è
professore ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma. È
tra le voci filosofiche più impegnate nel dibattito pubblico
contemporaneo. Tra i suoi ultimi libri: Grammatica dei tempi messianici (2011), La giustizia deve essere di questo mondo (2012), Se
Auschwitz è nulla. Contro il negazionismo (2012), Crimini
contro l’ospitalità (2014). Per Bollati Boringhieri ha
pubblicato Israele. Terra,
ritorno, anarchia (2014), Heidegger
& Sons. Eredità e futuro di un filosofo (2015), Heidegger
e gli ebrei. I «Quaderni neri» (2014), nuova edizione ampliata
(2016), Tortura (2016).
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