|
La trasformazione apeliana della filosofia
Una breve sintesi di Michele
Borrelli
Karl-Otto Apel (fotografia: Topologik)
Il 15 maggio 2017 è morto Karl-Otto Apel, all’età di 95 anni. I cultori del suo pensiero sono sparsi in tutto il mondo. Forte è la stima anche in quanti non condividono la svolta che egli ha saputo indicare alla filosofia, cioè il passaggio dall’Io penso all’intersoggettività. Il cambiamento forte di paradigma (dall’apriori del soggetto all’apriori semantico-semiotico della comunità discorsiva) con cui Apel trasforma, ma forse sarebbe meglio dire rivoluziona, la filosofia moderna, situando le condizioni di possibilità della conoscenza e della verità all’interno della struttura discorsiva del linguaggio, mostra non solo le debolezze degli approcci ermeneutici di provenienza heideggeriana e gadameriana, ma anche le debolezze dei tentativi postmodernistici di voler liquidare, assieme ai modelli metafisico-ontologici del passato, anche l’istanza trascendentale che accompagna comunque conoscenza e verità (da Rorty all’ultimo Habermas). Con l’etica del discorso, Apel non evidenzia solo le condizioni di possibilità di presupposti etici condivisibili, ma anche le condizioni di possibilità di presupposti etici incontrovertibili. Cadono così gli argomenti che intendono reggersi in modo totale sull’inaggirabilità della diversità o differenza dei linguaggi (da Wittgenstein a Derrida), su un radicale fallibilismo (Albert) o sull’impossibilità di ogni formazione di consenso. Contro ogni tentativo di radicale detrascendentalizzazione, Apel fa valere l’eticità del discorso, istanza inaggirabile anche per i suoi detrattori, se intendono seriamente mantenersi all’interno dell’argomentare serio. Indubbiamente, con la svolta apeliana non si tratta solo di una possibilità in più di interpretare la filosofia, ma soprattutto di ricostituire, di rifondare o, meglio, ricostruire la filosofia odierna e in generale alla luce dei presupposti inaggirabili del discorso. Il principio della pragmatica universale o pragmatica (linguistica) trascendentale si basa sul discorso come condizione quasi-trascendentale di possibilità di riscatto delle pretese di validità dell’argomentazione. Il termine apeliano di pragmatica marca, quindi, il fondamento riflessivo di validità dell’inaggirabile discorso argomentativo. Ciò rende immune sia da ricadute in semplici contingentismi sul modello per esempio di Rorty, sia da ermeneutiche sempre ancora storicistiche sul modello per esempio di Heidegger o Gadamer. Nella fase di detrascendentalizzazione che
caratterizza la svolta linguistica, l’approccio apeliano segna una
svolta epocale verso il tentativo di ricostruire, su basi
postmetafisiche, non solo le condizioni di possibilità del consenso
con il doppio rinvio alla dialettica tra discorso ideale e discorso
strategico, ma di delineare anche le basi per la ricerca delle
condizioni di fondazione, ovverosia di fondazione ultima, di
filosofia e scienza.
|