Autori
Nicola Gratteri
Antonio Nicaso
Nota introduttiva di Luigi M. Lombardi
Satriani,
Collana: Mafie, diretta da Antonio Nicaso,
Pellegrini Editore, Cosenza 1a ed. dicembre 2006, 2a/3a/4a
ed.gennaio 2007, 5a/6a ed. febbraio 2007
pagine
319, € 20,00
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FRATELLI DI SANGUE – SANGUE DI FRATELLI
di
Michele Borrelli
L’illegalità dilaga con
effetti distruttivi sul singolo e sulla collettività. Non
cogliamo la gravità del problema se parliamo di fenomeno
illegalità, in quanto non ci troviamo solo davanti a
singoli fenomeni di criminalità e violenza spesso inaudita,
davanti alla guerra tra bande, cosche e singoli criminali.
Siamo, ovviamente, anche in presenza di tutto ciò. Il motivo
che ci vede qui raccolti non è l’analisi di singoli casi. A
singoli casi si possono trovare le risposte giuste anche in
tempi relativamente brevi per il corso che può sembrare
comunque sempre lento della giustizia. Le risposte sono
difficili, invece, e possono risultare addirittura anche
impossibili o inutili e possono non da ultimo scoraggiare la
stessa giustizia e noi tutti come singoli cittadini, laddove
siamo in presenza di una criminalità, di una illegalità e di
una violenza che sono diventate parte strutturale o
sistemica. In quanto forme strutturali e del sistema,
l’illegalità, la violenza e la criminalità si trasformano
esse stesse in istituzioni. Criminalità e politica,
criminalità ed economia vivono e convivono, a quel punto, in
una simbiosi che non lascia alternative alla legalità. Se la
criminalità si eleva a struttura (e questo è dimostrato dai
dati della dettagliatissima analisi che Nicola Gratteri e
Antonio Nicaso offrono ai lettori nel loro libro Fratelli
di sangue), dobbiamo passare da una risposta
individuale, fenomenico-episodica ad una risposta sociale
generale; ad una risposta di legalità che, almeno a lungo
raggio, trovi lo spazio per farci uscire dal labirinto buio
della giungla in cui siamo sprofondati e che riesca a farsi
a poco a poco strada e riguadagnare almeno gradualmente
sempre più terreno all’interno di quelle stesse strutture
che hanno trasformato la legalità in corruzione e la
corruzione in criminalità. Che non ci siano dubbi: per
questo lavoro siamo chiamati in causa tutti. È facile dire:
dov’è lo Stato? Dov’è la giustizia? Con altrettanta facilità
si potrebbe chiedere: dov’eri tu quando la criminalità si
organizzava e bussava alle tue porte? Dov’eri tu quando tuo
figlio entrava in questa o quell’altra organizzazione di
criminali? Perché hai vissuto nell’omertà e convivi tuttora
con e nell’omertà? Nessuno può sfuggire all’appello che la
legalità deve essere difesa da ognuno di noi e non solo
dalle forze dell’ordine; si tratta, infatti, di difendere il
bene comune a cui tutti vogliamo partecipare e a cui tutti
noi abbiamo diritto di partecipare; si tratta allora di
difendere i diritti di ognuno e quindi anche i nostri stessi
diritti; si tratta, non da ultimo, di difendere i princîpi di
giustizia e di libertà sui quali si basa ogni forma di
convivenza democratica e il futuro dell’esistenza nostra e
quella delle generazioni future. A questi diritti si lega il
dovere di impegnarsi per la legalità e di coltivare il senso
della legalità. Il motto “Ammazzateci tutti”, dei ragazzi di
Locri, è un segnale vero, forte, un segnale da difendere da
tutti noi e dalle istituzioni.
Vivere la legalità è un
principio ed un impegno; è un atteggiamento anche e forse
soprattutto mentale. Dove questo principio viene meno,
avanza l’indifferenza; l’indifferenza verso la criminalità
si traduce in omertà, in ultima analisi in accettazione;
l’accettazione diventa convivenza. Si diventa Fratelli di
sangue. Dove regnano l’indifferenza e l’omertà, la
criminalità può organizzarsi e fiorire, può espandersi,
rafforzarsi e trasformarsi appunto in quella fonte
distruttiva che scardina dalle fondamenta i princîpi della
convivenza civile e della democrazia. Qui sono chiamate in
causa le scuole di ogni ordine e grado e nuovamente la
fatica quotidiana, incessante e logorante degli insegnanti.
Fatica che molti misconoscono, non vedono e sottovalutano;
sono chiamati in causa gli studenti, i giovani, le famiglie,
la Chiesa. È chiamata in causa l’educazione. Tutta
l’educazione. Educare al principio della giustizia, educare
alla legalità, è un lavoro pedagogico, è un lavoro
didattico. Il mio appello accorato è rivolto, non a caso,
anche e soprattutto ai docenti delle scuole di ogni ordine e
grado. So bene quanto siano sensibili i docenti nelle
scuole; so che l’educazione alla legalità è un tema forte
nelle scuole. Ed è un tema, colleghe e colleghi, che deve
rimanere forte e dobbiamo ulteriormente rafforzare. Il
lavoro straordinario, coraggioso di Nicola Gratteri e
Antonio Nicaso è un segnale forte, fortissimo che noi
dobbiamo accogliere, fare nostro e portare avanti nella
lotta all’illegalità, alla violenza, alla criminalità. Mi
rivolgo anche all’editore e amico Walter Pellegrini, sempre
sensibile al tema delle mafie e ‘ndranghete. Walter, abbiamo
bisogno di lavori, di segnali del genere se vogliamo portare
avanti lo sviluppo culturale e quindi anche politico ed
economico nella nostra terra di Calabria.
L’analisi lucidissima della
struttura criminale della ‘ndrangheta che Gratteri e Nicaso
ci offrono, dà a noi, dà alle scuole, dà a tutti la
possibilità di conoscere la vera portata criminale di questa
organizzazione. Con il lavoro di Gratteri e Nicaso, nessuno
può più dire, nessuno potrà in futuro dire: non sapevamo.
Non sa chi non vuol sapere. Conosciamo questo modo di
sottrarsi alla responsabilità. Nei campi di concentramento
si distruggeva il popolo ebraico. A sterminio avvenuto,
molti hanno detto e dichiarato che non sapevano. La
‘ndrangheta distrugge il senso morale della politica,
saccheggia l’economia e il futuro dei nostri giovani. Chi
ancora non sa, legga il libro di Gratteri e Nicaso. Non
venga poi a ripetere: non sapevo, nessuno gli crederà.
La ‘ndrangheta, anticipavo,
non è un fenomeno legato a singoli casi di criminalità, non
è − come documentano Gratteri e Nicaso − un’organizzazione
stracciona e casereccia. La ‘ndrangheta è super organizzata
a livello nazionale ed internazionale. Ed è proprio perché
siamo dinanzi ad una super organizzata criminalità, le
strutture e le istituzioni hanno bisogno di una risposta
forte. Si tratta, infatti, di riportare le stesse
istituzioni su un nuovo piano di legalità; si tratta di
riconquistare la legalità perduta. E in ciò noi tutti
abbiamo bisogno della presa di coscienza che il lavoro
difficile, spesso quasi impossibile della giustizia non può
fare a meno del nostro contributo personale e di ognuno di
noi. Il problema è politico, sociale, economico, ma anche
culturale e, in ultima analisi, pedagogico. Il problema è
anche didattico: come impostare, cioè, il lavoro quotidiano
del come educare alla legalità? Come si può notare non è
solo un compito o il compito della giustizia in generale,
delle forze dell’ordine o di singoli magistrati, di singoli
eroi in particolare. Si, permettetemi di parlare di eroi; è
il termine giusto, il termine vero; eroi che versano il loro
sangue, affinché non scorga il nostro sangue. Non possiamo
lasciare questi eroi della giustizia, soli. Senza il nostro
contributo, senza il contributo di tutti, avremo sempre più
eroi, e un giorno solo eroi, ovverosia: vedremo donne e
uomini della giustizia e non solo uomini e donne della
giustizia, vedremo i nostri figli, i vostri figli cadere
massacrati dalla criminalità.
Questa sera abbiamo l’onore
di avere fra di noi uno di questi eroi, il sostituto
Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Nicola
Gratteri, che ringrazio di cuore, come ringrazio di cuore
personalmente, anche come presidente del Centro Filosofico
Internazionale Karl-Otto Apel, il vicepresidente del
Consiglio regionale della Calabria, Roberto Occhiuto e tutte
le figure istituzionali, le forze dell’ordine, don Giacomo
Minervino (parroco di Acquappesa), i sindaci di Acquappesa e
Guardia, gli amici, le colleghe e i colleghi, nonché i
ragazzi delle scuole qui presenti al dibattito. Nicola
Gratteri, com’è stato detto, è sostituto Procuratore della
Repubblica di Reggio Calabria. Gratteri non è solo questo.
Gratteri è uno dei magistrati tra i più esposti nella lotta
alla struttura criminale della ‘ndrangheta.
Ora a Fratelli di
sangue
È un libro di grandissimo
spessore antropologico-culturale, sociologico. Un libro
direi unico per ricchezza di documentazione e rigore
analitico; un libro che dovrebbe diventare lettura
obbligatoria in tutte le scuole, in quanto ci porta, con una
fittissima documentazione ed un’amplissima rete
d’informazioni, nei meandri della logica e della
costituzione o meglio costruzione e istituzionalizzazione,
in altri termini: ci porta al cuore della criminalità
organizzata, che va sotto il nome di ‘ndrangheta.
Fratelli di sangue, questo il titolo del libro.
Accennavo sopra al sangue che le forze dell’ordine e singoli
magistrati versano per difendere il nostro sangue. Il
paradosso vuole che Fratelli di sangue non sta allora
per patto di amicizia, di affetto o di stima per l’altro
(non è il giuramento o il rituale dei Ragazzi di via Pàl
di Ferenc Molnàr), tutt’altro. Mi sia consentito di citare
un passo dai rapporti giudiziari raccolti nell’illuminante
Appendice al libro che evidenzia, penso molto bene,
la logica interna del rituale ‘ndranghetista:
“tra gli affiliati…vi
sono… dei particolari vincoli di sangue che vengono
celebrati tra due affiliati che sono legati da una profonda
amicizia. Questo rito avviene alla presenza del
capo-bastone, il quale punge l’indice destro dei due
affiliati e, successivamente, li unisce in modo che vi sia
un ‘contatto di sangue ’ che, mescolandosi, va a cadere su
una delle immagini sacre che, successivamente, viene
bruciata. Il capo-bastone suggella questo vincolo con la sua
presenza e con queste parole: ‘Da questo momento siete
fratelli, il sangue di ognuno di voi è nell’altro, solo
altro sangue o infamità possono sciogliere questo vincolo”.
Fratelli di sangue
non è, ripeto, un giuramento di
amore in difesa dell’altro, dei più deboli o per la difesa
delle istituzioni o della giustizia, esso è invece un patto
criminale e ferreo contro la legalità. Il sangue che qui si
versa, infatti, è un sangue di complicità: un patto
indissolubile, irreversibile, direi quasi sacro, tra
aspiranti ‘ndranghetisti, ‘ndranghetisti e futuri
‘ndranghetisti; un patto per uccidere. Da questo patto per
la morte non c’è via d’uscita, non c’è ritorno. Chi si lega
a questo patto per la morte entra in un tunnel del non
ritorno, entra in un’organizzazione dove valgono determinate
e inviolabili regole: in base a queste regole, non puoi
rifiutarti di ammazzare a meno che non vuoi uscirne
ammazzato. Ancora un passo significativo che cito dai
documenti in Appendice al testo che confermano questo
ferreo patto:
- “Siete a conoscenza
delle nostre regole?
- Sono a conoscenza.
- Prima della famiglia,
dei genitori, delle sorelle, dei fratelli, viene l’interesse
e l’onore della società, essa da questo momento è la nostra
famiglia e se commetterete infamità, sarete punito con la
morte. Come voi sarete fedele alla società, così la società
sarà fedele con voi e vi assisterà nel bisogno, questo
giuramento può essere infranto solo con la morte, siete
disposto a questo? Lo giurate?
- Lo giuro nel nome
dell’Arcangelo Gabriele e della Sacra Corona dell’Onorata
Società”.
L’obiettivo della criminalità
non è evidentemente un ammazzarsi reciproco tra criminali.
Si tratta invece di portare avanti un giro d’affari che
ruota intorno a miliardi di euro. Questo giro d’affari non
conosce leggi e non conta i morti che esso lascia lungo il
suo percorso. Ne sanno qualcosa quanti sono impegnati nella
lotta alla ‘ndrangheta. Ecco perché ho dato alla mia
relazione il titolo Fratelli di sangue - Sangue di
fratelli. Ho invertito il titolo del libro per portare
alla luce un messaggio forte, intrinseco al libro di
Gratteri e Nicaso: non solo il sangue che versano questi
criminali, ma il sangue che sono costretti a versare
soprattutto quelli che si oppongono e lottano con forza ed
efficacia contro la devastazione politica, economica e
culturale che la ‘ndrangheta produce.
Valgano alcuni dati a
dimostrare la gravità della struttura criminale che va sotto
il nome ‘ndrangheta, affinché (qui da noi in Calabria e non
solo) un giorno, appunto, non si dica: non sapevamo.
Il testo di Gratteri e Nicaso
porta alla luce che la ‘ndrangheta non solo ha un giro
d’affari intorno ai 36 miliardi di euro, ma che essa è anche
leader incontrastato nel traffico della cocaina dal
Sud America verso l’Europa. Il libro di Gratteri e Nicaso
mostra che, da molto tempo ormai, la ‘ndrangheta è
l’organizzazione criminale in Italia più ricca e la più
inserita nell’economia nazionale; un’organizzazione che
mantiene forti infiltrazioni non solo in Europa, ma anche in
Nord America, in Sud America e in Australia.
Come sottolineano gli autori
del libro, la ‘ndrangheta ha soppiantato Cosa Nostra, si è
insinuata nelle logge massoniche e nel sistema economico
corrompendo la politica più di quanto non sia riuscita a
fare la mafia siciliana. La ‘ndrangheta − sottolineano
Gratteri e Nicaso – è diventata una holding del
crimine che gestisce tonnellate di cocaina in tutto il
mondo. Più di ogni altra organizzazione criminale, la
‘ndrangheta si è rivelata e si rivela capace di adattarsi ai
processi di modernizzazione, alle tecnologie più avanzate; è
riuscita a creare intrecci con organizzazioni criminali
straniere. Il malaffare va, non da ultimo, dal traffico
d’armi al traffico di materiale radioattivo.
Tutto ciò com’è stato
possibile, com’è possibile? Com’è stato e com’è possibile
che in uno Stato democratico, in uno Stato di diritto possa
nascere, crescere e rafforzarsi una struttura criminale così
devastante come la ‘ndrangheta; una struttura così forte e
aggressiva da riuscire a penetrare nelle istituzioni:
pensate che dal 1995 al novembre del 2006, in Calabria,
sono stati sciolti 32 consigli comunali per infiltrazioni
mafiose! A queste ed altre domande si può rispondere con
questo grande lavoro che è oggetto qui di discussione:
Fratelli di sangue. I passi sistematici che emergono dal
libro di Gratteri e Nicaso e sui quali, penso, si basi tutta
la struttura del libro sono tre:
- l’analisi storica della
struttura della ‘ndrangheta;
- l’analisi sociologica della
struttura della ‘ndrangheta;
- l’analisi
antropologico-culturale della struttura della ‘ndrangheta.
Questi tre passi non sono
solo fondamentali per spiegarsi la struttura devastante
della criminalità organizzata che va sotto il nome di
‘ndrangheta, ma sono anche fondamentali per il lavoro
pedagogico nelle scuole. Si tratta in questo caso di
tradurre le tre analisi in tre unità didattiche
(storia-struttura-cultura-di-fondo) e dispiegarle in un
progetto differenziato che tenga conto da un lato delle
condizioni socio-economiche, socio-politiche e culturali che
hanno reso possibile il sorgere, il costituirsi, il
consolidarsi e l’espandersi di una organizzazione criminale
la cui portata, come dicevo sopra, è travolgente o meglio
sconvolgente, dall’altro di riflettere su cosa possiamo e
dobbiamo fare noi tutti, come singoli, come collettività,
come istituzioni, come forze dell’ordine, come giustizia in
generale per frenare, contrastare, e non scoraggiamoci: per
combattere ed infine sconfiggere l’illegalità, la violenza e
la criminalità. Questo vogliamo tutti noi, questo richiedono
i nostri figli, le generazioni future. Questo chiede e deve
chiedere la società democratica, ogni società democratica se
democratica è. Questo chiede la Calabria, questo chiede il
calabrese onesto, responsabile, vero.
Nicola Gratteri, grazie per
l’illuminante lavoro, grazie per la Sua presenza nel
territorio di Acquappesa, grazie per la discussione che ci
permetterà di avviare con Lei in questa nostra terra di
Calabria, tanto bella ma tanto bisognosa di essere difesa e
protetta dalla criminalità organizzata e dalla invadente
illegalità che grava sul futuro nostro e su quello delle
generazioni future.
Non possiamo e non vogliamo
consegnare ai nostri figli, alle generazioni future, una
Calabria della ‘ndrangheta.
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