Ermeneutica trascendentale e
fondazione ultima di filosofia e scienza.
Introduzione al pensiero di Karl-Otto Apel,
Pellegrini Editore, Cosenza 2008, pagine 135,
ISBN 978-88-8101-522-1, euro 15,00
Recensione di Ermelinda Placì
Karl-Otto Apel è uno dei maggiori e più discussi
filosofi dell’età contemporanea; a lui si deve
l’elaborazione teorica di una trasformazione
della filosofia moderna e la proposta di un
nuovo paradigma di filosofia prima, che,
abbandonato ogni presupposto ontologico e
metafisico proprio della ragione moderna, si
attesta su un nuovo presupposto comunicativo,
plurale e intersoggettivo della ragione.
Apel ha definito questa sua prospettiva
pragmatica trascendentale, affiancando, in
realtà, concetti che appartengono a due diverse
tradizioni di pensiero, quella analitica e
continentale o, meglio, ermeneutica, e
sostenendo la possibilità di una fondazione
ultima della filosofia teoretica e pratica, sino
alla proposta della fondazione dell’etica del
discorso quale macroetica della
corresponsabilità primordiale.
Michele Borrelli, che nel panorama italiano è
uno dei maggiori studiosi del filosofo tedesco,
nonché presidente del Centro filosofico
internazionale Karl-Otto Apel, con questo suo
ultimo lavoro ha inteso offrire oltre che una
“introduzione” al pensiero apeliano, un profilo
sintetico, ma chiaro e rigoroso della
prospettiva ermeneutica e trascendentale
apeliana.
Infatti, il concetto di trascendentale, usato
per la prima volta da Kant in contrapposizione a
quello di trascendente al fine di garantire il
passaggio da una metafisica dogmatica alla
critica della metafisica fino alla
fondazione di una metafisica “critica”,
confluito poi, nell’ “idealismo trascendentale”
ficthiano, costituisce a tutt’oggi un concetto
“problematico”. Lo stesso Kant non ne ha
fornito una definizione univoca ed esaustiva,
ragion per cui quando ci si confronta con il
pensiero di Apel si è costretti a chiarire prima
di tutto che cosa si intenda per trascendentale.
Risulta perciò necessario compiere un’analisi
comparativa fra i due filosofi al fine di
cogliere il senso “più proprio” della svolta in
chiave linguistica e comunicativa compiuta da
Apel rispetto al filosofo di Könisberg e la sua
rilevanza dal punto di vista teoretico e
pratico.
Il libro di Borrelli, oltre a tracciare e
delineare i tratti salienti del pensiero
apeliano, consente al lettore, di trovare una
risposta a questa domanda. Parte da una
“ricostruzione trascendentalermeneutica della
filosofia moderna” (cap.I), in cui, oltre a
rintracciare i presupposti per un cambiamento
di paradigma della teoria della verità come
corrispondenza, illustra e declina: gli elementi
fondamentali di una ripresa e insieme
superamento, nel senso dell’hegeliana
Aufhebung e non solo dell’heideggeriana
Überwindung o Verwindung, del
progetto kantiano di fondazione ultima teoretica
e pratica; il confronto con il riduzionismo
scientistico e con il riduzionismo
fenomenologico-ermeneutico; l’assunzione di una
metodologia “critica ideologica” (cap.II), come
tale adoperata da Apel per «integrare e
rielaborare la filosofia trascendentale
kantiana» e in parte trasformarla «in un
passaggio – scrive Borrelli – fondamentale che
rivoluziona il modo di porsi della filosofia
rispetto alle sue possibilità di autofondazione.
Si tratta del passaggio dalla filosofia
trascendentale dell’a prioridel
soggetto alla filosofia trascendentale dell’a
priori dell’intersoggettività, come a
priori della comunità comunicativa, ossia
del passaggio dall’Io penso, per principio
solitario di Descartes, Kant e sempre ancora di
Husserl, all’argomentazione o, meglio,
alla comunità comunicativa dei partecipanti al
discorso» (p. 53). Questo passaggio, oltre a
sostituire il paradigma della coscienza con il
paradigma delle regole dell’argomentazione,
mette allo scoperto i presupposti fondamentali,
i principi del discorso (senso,
sincerità, verità e giustezza normativa) e l’inaggirabilità
o l’intrascendibilità della situazione
argomentativa, la cui negazione induce a cadere
in una autocontraddizione performativa.
Da qui, come si diceva, la scoperta dell’a
priori dell’argomentare (ovvero
l’impossibilità di negare la nostra appartenenza
alla comunità della comunicazione) e dell’ a
priori del linguaggio, che costituisce
l’archetipo per il reciproco riconoscimento tra
i partner del discorso. Scrive l’Autore: «Il
soggetto solitario, sciolto dalla comunità
linguistica, non potrebbe rapportarsi a nulla,
nemmeno a se stesso. Il fatto di essere già
sempre preceduti da una comunità comunicativa,
apre l’Io all’orizzonte di senso. Ogni pretesa
di validità premette il discorso con altri, il
confronto con domande e obiezioni che derivano
dalla comunità comunicativa. […] Ogni pretesa di
validità non è riconducibile […] all’Io penso in
quanto soggetto trascendentale al singolare, ma
all’a priori della comunità argomentativa ideale
illimitata. È questa la base e l’istanza di ogni
validità di pensiero» (p. 54). Su di essa Apel
propone il principio di fondazione ultima (Letzbegründung)
razionale della filosofia teoretica e pratica.
Tale proposta “controcorrente” espone Apel - nota l’Autore - alla critica di molti pensatori
e a chiarire più volte la propria posizione
rispetto al panfallibilismo à la Albert e
alla proposta di una detrascendentalizzazione
della filosofia compiuta da Heidegger,
Wittgenstein, Rorty, Derrida, Lyotard, Gadamer,
ecc.
Borrelli concentra la propria attenzione su
questo confronto e cerca di mettere in luce
l’originalità di Apel in questo recupero della
prospettiva kantiana; una prospettiva, mediata
dalla semiotica e dal “pragmaticismo” di Ch. S.
Peirce, che, andando “oltre” la stessa comunità
dei ricercatori peirceana, si attesta sulla
elaborazione della teoria della verità come
consenso.
Alla base del superamento di questa prospettiva
moderna di filosofia trascendentale vi è,
secondo Borrelli, la scoperta heideggeriana
della “prestruttura” ermeneutica del
comprendere. Egli, quindi, pur tenendo
presente e richiamandosi nel corso della
trattazione all’altra prospettiva filosofica
fondamentale, che fa da sfondo all’elaborazione
teorica apeliana, cioè, quella analitica e
peirceana-wittgensteiniana, inserisce la
pragmatica trascendentale all’interno della
tradizione ermeneutica contemporanea di stampo
heideggeriano-gadameriana (cfr. cap.III). Con
ciò, tuttavia, Borrelli non perde, e non fa
perdere di vista al lettore, l’istanza di una
giustificazione di validità della conoscenza e
della fondazione ultima della filosofia e
dell’etica già presente nella filosofia
trascendentale moderna.
Un’etica quella del discorso, come si diceva,
della corresponsabilità primordiale e solidale (cap.V)
che comporta: il superamento della kantiana
etica dell’intenzione, nonché della
weberiana etica della responsabilità; la
riformulazione intersoggettiva e comunicativa
del principio etico di universalizzazione
kantiano e l’attestazione su una posizione
teorica di stampo utopico-illuminista che vede,
nell’intreccio e nella dialettica della comunità
reale della comunicazione e della
comunità ideale della comunicazione, la
condizione di possibilità per l’emancipazione
dell’umanità (cap.IV), per il suo graduale e
progressivo sviluppo verso il meglio. Apel,
ampliando la prospettiva kantiana, spogliandola
e depurandola da ogni “residuo” metafisico (come
per esempio il kantiano Regno dei fini),
mediante l’ermeneutica trascendentale - osserva
Borrelli - trova all’interno della prestruttura
ermeneutica heideggeriana del comprendere il
gioco linguistico trascendentale e
autoriflessivo della ragione. «Apel pertanto –
scrive Borrelli – vede nella prestruttura
linguistica l’unità sintetica di trasformazione
della filosofia teoretica. Ed è parimenti nell’a
priori dell’argomentazione che, a suo parere,
anche la ragione pratica può trovare il
fondamento di un’etica intersoggettivamente
valida. Il compito per la realizzazione della
comunità comunicativa (ideale) implica, infatti,
[…] il superamento della società classista,
l’eliminazione di tutte le asimmetrie del
dialogo interpersonale socialmente condizionate.
Si tratta, alla fin fine, di realizzare nella
comunità comunicativa reale la comunità
comunicativa ideale. Il primo obiettivo è
condizione necessaria del secondo, il secondo
obiettivo dà al primo il senso della possibilità
di autoemanciparsi» (p.73).
Inoltre, nelle Note conclusive (cap.V),
l’Autore, ritornando sul problema
dell’applicabilità dell’etica del discorso e
delineando l’intreccio tra la Parte A,
relativa alla fondazione del principio etico
fondamentale del discorso (Grundnorm) e
la Parte B, relativa alla sua
applicazione al mondo della vita, mostra come
Apel individua un principio di mediazione idoneo
ad una sua concreta applicazione. Egli chiarisce
in questo modo come solo la razionalità
discorsiva, e non quella strategica, può far
intravedere il telos etico della
realizzazione della comunità ideale della
comunicazione nella comunità reale della
comunicazione, eliminando mediante una
strategia a lungo raggio gli ostacoli, che
intralciano la comunicazione seria e
l’applicazione di norme consensuali.
La soluzione, infatti, dei problemi umani e
morali su scala planetaria si può raggiungere
solo mediante la razionalità argomentativa.
Perciò, scrive Borrelli: «Solo dalla razionalità
comunicativa o discorsiva, solo da una
razionalità non strategica dei partecipanti al
discorso si può pensare ad una razionalità in
senso globale, ad una ragione legislatrice anche
nel senso di Kant» (p. 135).
A questo scritto
di Michele Borrelli va, dunque, il merito di
aver offerto, in cinque ma densi capitoli, al
lettore comune un quadro dettagliato ed
essenziale del pensiero di K.-O. Apel e al
lettore esperto validi spunti per un suo
ripensamento critico.