Bien común y Ètica cívica. Una propuesta desde
la ética del discurso,
Buenos Aires-Argentina: Ed. Bonum 2008, 272 p.,
ISBN 978-950-507-005-3
Recensione diFrancesca Caputo
Autore di numerosi scritti di etica, etica
applicata, filosofia politica, filosofia
contemporanea e filosofia latino-americana,
pubblicati nel suo paese e in diverse lingue
straniere, Dorando J. Michelini, ordinario di
Etica nell’Università Nazionale di Río Quarto
(Argentina), in uno dei suoi più recenti lavori,
Bien común y Ètica cívica (Buenos Aires:
Ed. Bonum 2008), richiama la necessità di
ripensare il bene comune nella cornice di una
teoria normativa che sia capace di interpretare
le sfide della situazione storica attuale.
Una delle caratteristiche delle moderne società
democratiche – aperte, pluraliste e
interculturali –, nell’era della
globalizzazione, è rappresentata dalla quantità
ed eterogeneità di teorie e ideologie tra loro
in competizione nell’offerta di valori e modelli
diversi e divergenti di legittimazione e critica
del pensiero e dell’azione.
Fino ad ora, e per molte diverse ragioni
teoriche e pratiche, nessuno dei distinti
modelli attuali di interazione (scientifici,
politici, ideologici, filosofici o
teologico-religiosi) è riuscito ad imporsi come
parametro intersoggettivamente valido di
legittimazione e critica. Nell’attualità, sotto
la pressione dei processi di globalizzazione,
viviamo in società pluraliste ed eterogenee,
democratiche e complesse, interculturali,
secolarizzate e frammentate, con un forte
accento all’individualismo e con fragili
relazioni sociali.
Tanto una possibile riabilitazione della
problematica del bene comune come la
formulazione di una nuova etica civica o
pubblica risultano estremamente relazionate con
questa situazione storica, sociale e culturale.
In un’etica civica (pubblica), che pretenda di
fornire norme razionali e ragionevoli per
l’orientazione della prassi individuale e
collettiva, in questo ampio e complesso contesto
di interazioni, si presentano almeno due sfide
importanti. La prima è relazionata con la
fondazione razionale di norme etiche
intersoggettivamente vincolanti, mediante le
quali si possa far fronte ai problemi
contestuali e globali contemporanei. La
persistente questione delle tradizioni e la
sostenuta critica al logos umano rispetto
alla sua capacità di fondare princìpi etici che
siano intersoggettivamente validi, sembrano
indebolire i fondamenti dell’etica e condurre ad
un relativismo che non permette di affrontare
adeguatamente la possibilità di trovare norme
valide per la prassi individuale e collettiva.
Un’altra sfida è legata alla capacità di
applicazione effettiva delle norme. Nel momento
della fondazione, ma anche dell’applicazione
delle norme, si deve tenere in conto la
complessità e la portata delle azioni umane
rispetto alla fattibilità delle azioni e delle
loro conseguenze. Per questa ragione, Michelini
porta avanti un lavoro di schiarimento e
riabilitazione del bene comune nella cornice
dell’etica del discorso di ispirazione apeliana;
una concezione etico-discorsiva del bene comune
- quella che propone Michelini - la quale giunge
ad una determinazione piena e completa del suo
senso nel discorso pubblico, aperto e
pluralista, che si leghi al contesto storico
della propria comunità, ma che rimanga aperto
all’universalità.
In che cosa consiste la novità di questa nuova
etica?
In primo luogo, la questione della novità emerge
nell’ambito della fondazione delle norme morali:
le critiche provenienti da diverse correnti
attuali, che non ritengono possibile che si
possa raggiungere una fondazione razionale delle
norme, deve essere affrontata con riflessioni
filosofiche che siano capaci di dar conto della
validità razionale universale delle norme
etiche. In secondo luogo, la novità risiede
nell’impianto metodologico: di fronte alla
svalutazione del metodo intuitivo e metafisico,
la validità intersoggettiva appare come un
aspetto nuovo e decisivo nel procedimento di
giustificazione razionale delle norme etiche che
pretendono validità pubblica. In terzo luogo, la
novità si riferisce a questioni di contenuto
dell’etica. Si tratta di contenuti che hanno
rilevanza in un macro-ambito di relazioni umane,
il quale è molto ampio e complesso rispetto al
micro e meso-ambito a cui si riferiscono le
etiche tradizionali (la polis o la
nazione).
D’altro lato, il concetto tradizionale di bene
comune – che rimette a formulazioni pre-moderne
(come quelle di Platone, Aristotele e San
Tommaso) e che, particolarmente nel contesto
latino-americano, benché non solo in esso, è
stato interpretato frequentemente come elemento
guida per la configurazione della realtà sociale
– deve essere ripensato alla luce delle profonde
trasformazioni della società nell’era della
globalizzazione e nella cornice dei nuovi
condizionamenti storici, sociali e culturali.
Alcuni aspetti rilevanti di cui tener conto per
la sua riabilitazione rimettono alla relazione
tra benessere individuale e collettivo, alla
interazione dialogica, alla soluzione giusta e
pacifica dei conflitti, alla convergenza tra
autonomia e corresponsabilità solidale. Una
concezione dialogico-procedurale del bene comune
implica, di certo, una riformulazione dei
princìpi che stanno alla base della concezione
tradizionale di bene comune.
È chiaro che questo concetto non può essere
ristretto all’ambito di una determinata comunità
particolare, né coincidere necessariamente con
alcun ethos in particolare. La ricerca
storica e concreta del bene comune è, invece, un
processo dialogico e critico-ermeneutico di
tutta la comunità umana, che necessita della
partecipazione attiva ed effettiva di tutti i
cittadini. Si tratta di un processo in cui
l’autorità del razionale e del ragionevole
proviene dall’intersoggettività liberamente
condivisa e partecipata, in cui nessuno ha
prerogative speciali, benché si possano avere
punti di vista diversi e divergenti. Michelini
ritiene che un’applicazione storica efficace di
norme morali giuste e valide non si raggiunga se
non mediante una connessione tra istanze
critiche e partecipative; mediante tale
articolazione, in questo testo, l’Autore difende
il discorso pubblico come fonte di
emancipazione.
Il capitalismo introduce una logica di
efficienza che, in determinati ambiti della
società, è utile come strumento di creazione e
consolidamento di strutture di autoaffermazione
individuali e collettive; particolarmente nella
sua versione di pensiero unico neoliberale,
tende a sostituire, per Michelini, in forma
abbastanza chiara e radicale, la
deliberazione per il mercato, portando come
conseguenza ad una eclissi del discorso pubblico
come fonte di emancipazione. Per questa ragione
è necessario rivendicare lo spazio pubblico come
luogo in cui si costituiscono non solo i
consumatori, bensì fondamentalmente i cittadini
e, in definitiva, gli esseri umani.
Una società civile, pienamente democratica,
basata su un concetto emancipatorio di
cittadinanza, si incentra su questa difficile
articolazione tra istanze critiche e
partecipative di interazione sociale che si
evidenzia nell’agorà intesa come spazio
discorsivo pubblico aperto e inclusivo.
Riferimenti bibliografici:
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