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L’educazione come cura dei sentimenti Michele Borrelli
«Senza la cura dei sentimenti,
senza una educazione ai
sentimenti è a rischio le
tenuta del nostro Io (inconscio del singolo), della nostra
collettività (inconscio collettivo), in ultima analisi: è a rischio
la nostra civiltà. E, infatti, è pensabile una società senza
sentimenti? Senza sentimenti collettivi? E d’altra parte: se
dominano i sentimenti collettivi, c’è ancora un sentimento
individuale? Il singolo agisce o è
agito? Crollano archetipi
e i miti costruiti su di essi. E nuovi archetipi vengono generati
per nuovi miti sui quali ergere una nuova dimora per i nostri sogni
e le nostre speranze; prova di ciò è il fatto che i sentimenti,
diversamente dai miti e dagli archetipi di turno, non possono essere
mai messi da parte. Senza i sentimenti non c’è l’uomo. Ecco allora
il rinnovarsi di nuovi miti: la
prestazione, l’efficienza, la competitività
e il calcolo, il
denaro nell’oblio e rimozione forzata della sfera emotiva. La
paideia sposta il suo
baricentro dall’uomo (ricerca del senso) alle macchine e ai robot.
L’uomo-macchina, efficiente, produttivo, sostituisce l’uomo
portatore di sentimenti e di passioni. L’archetipo del
consumo al posto del cuore. Tutto ciò stravolge l’idea che ci
siamo fatti dell’uomo nell’antropologia occidentale. La razionalità
tradotta in efficienza e calcolo ha fatto dimenticare il cuore, la
parte a-razionale definitoria dell’antropologia umana. Eppure la
storia delle religioni e il loro insistente perdurare dovrebbero
essere motivo sufficiente per pensare che l’animo umano non è
soltanto razionalità, che c’è, nel profondo del cuore umano, quella
parte ampia, forte, di sentimenti ai quali non possiamo rinunciare.
Sentimenti che sono la nostra fonte di dolore, di gioia, di
speranza, di amore, di pietas, ma anche di odio, di rancore, di violenza. L’a-razionale, che è in
noi, è antropologicamente dato e dobbiamo prendercene cura ed
educarlo, non certo obliarlo o rimuoverlo. L’educazione al
sentimento non è meno importante dell’educazione alla scienza già
per il fatto stesso che l’uomo è
sentimento e
ragione insieme. Dove c’è l’uno (sentimento) c’è anche l’altra
(ragione) e viceversa. […]. Quale orizzonte esistenziale si affaccia
ad una vita (del singolo, della collettività) senza desideri? I
sentimenti ci muovono sia nel bene che nel male. Nasce da qui il
bisogno umano di saperli controllare, di averne cura e indirizzarli
alla responsabilità per il bene comune. Sono comunque i sentimenti
che aprono l’animo alle nostre iniziative e alle nostre scelte ed
esprimono i bisogni e la volontà di percorrere una strada invece di
un’altra, di seguire un’idea di futuro piuttosto che un’altra.
Nell’unione di sentimenti e razionalità ci appelliamo alla chiamata
dell’altro, all’essere che rappresenta l’altro e all’essere che noi
stessi siamo».
Michele Borrelli, Nuovo
umanesimo o nichilismo. Grandezza e miseria dell’Occidente,
Asterios Editore, Trieste 2017, pp. 189-190.
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