TOPOLOGIK.net   ISSN 1828-5929      Numero 4/2008


 

Francesca Caputo

 

L’etica ermeneutica della fatticità in Jesús Conill[1]

 

A partire dai canoni elaborati dall’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer, sembra improponibile l’idea di un’ermeneutica in senso etico e in senso critico. Jesús Conill, autorevole studioso nel campo della filosofia morale, mostra, invece, in tutta una serie complessa di analisi e passaggi filosofici, non solo che sia possibile pensare in termini di etica ermeneutica, ma che sia altresì possibile e anche doveroso parlare di etica ermeneutica critica e che, pertanto, si possa evitare il conformismo morale e politico (già messo a fuoco da Jürgen Habermas) che sembra caratterizzare e costituire, eo ipso, un’ermeneutica filosofica come quella gadameriana, tutta situata nel rapporto interprete-interpretandum con priorità assoluta dell’interpretandum.

Conill apre il suo originale lavoro interrogandosi puntualmente sulle possibilità di un’etica ermeneutica e di un’etica ermeneutica critica. La risposta dell’autore non si fa attendere e si struttura con acuta sistematicità su più fronti. Conill fa, anzitutto, osservare che effettivamente nei grandi sistemi etici manca un’etica ermeneutica espressa, seppure la sua presenza sia innegabile e l’ermeneutica, come ogni filosofare, sia esercizio critico. Se, da un lato, allora, si tratta di conciliare etica ed ermeneutica, dall’altro, diventa necessario recuperare un concetto critico di ermeneutica e di etica ermeneutica. In definitiva, si cerca soprattutto risposta alle possibilità di conciliare logos ed esperienza e di dare a quest’ultima il giusto peso all’interno di un discorso etico-ermeneutico e critico-ermeneutico.

È possibile allora un’etica ermeneutica critica che serva contemporaneamente due lati irrinunciabili: logos ed esperienza?

Col suo lavoro, Conill si propone di superare tanto il deficit critico quanto il deficit etico-ermeneutico, cercando di conciliare gli aspetti critici con quelli esperienziali in una configurazione che, a prima vista, può sembrare ardita e che può essere definita ermeneutica critica della fatticità.

Che strada intraprendere per portare avanti questo compito che per Heidegger sarebbe stato impensabile? Il cammino che intraprende il nostro originalissimo autore per articolare e legare etica, ermeneutica e critica, consiste in principio nello studiare le possibili connessioni con il pensiero critico kantiano, attraverso, però, una via differente rispetto a quella esplorata in un lavoro che precede questo nuovo tentativo. Alla relazione tra ermeneutica e Kant, attraverso Nietzsche, Conill aveva dedicato buona parte del suo libro El poder de la mentira[2], mostrando già in questo lavoro che era possibile un cammino di trasformazione ermeneutica del criticismo kantiano.

Ora Conill, come si diceva, si propone di esplorare una nuova via; una via più ufficialmente e propriamente ermeneutica, quella via gadameriana che, benché parta da Schleiermacher e passi per Dilthey, si regge principalmente sull’ermeneutica heideggeriana della fatticità. Un tentativo, come si faceva osservare sopra, che può sembrare ardito e rischioso se si pensa che Heidegger ha voluto scrollarsi di dosso tutto il carico metafisico del filosofare occidentale e si è in definitiva rimesso alle aperture o meglio alle radure della storia dell’essere e dell’evento e non alla critica o all’ermeneutica critica.

Nonostante queste giuste riserve, nel suo nuovo lavoro Conill indaga le condizioni di possibilità di un’etica ermeneutica della fatticità. Un’etica, però, che, diversamente dall’impostazione heideggeriana, non si articoli attraverso la pura contingenza del destino dell’essere, ma che cerchi di recuperare una fatticità critica o meglio di indagare sulle condizioni di possibilità dell’aprirsi dell’ermeneutica della fatticità alla riflessione critica. Si tratta in questo lavoro, che riteniamo estremamente originale, di rivisitare e riscoprire le radici kantiane di questa possibile ermeneutica, di cercare, se così vogliamo, di proporre (o nel senso apeliano di riproporre) una lettura diversa per rileggere Kant, una lettura che permetta di ermeneutizzarlo.

È una lettura, ovviamente, che presenta non poche difficoltà, tre delle quali sono innegabili. In primo luogo, è sempre ancora difficile superare il giudizio, espresso da Gadamer in Verità e Metodo, secondo cui la Critica del giudizio costituirebbe una deviazione soggettivizzante che impedirebbe un modello ermeneutico di pensiero. In secondo luogo, è proprio l’impronta heideggeriana o meglio la critica dello stesso Heidegger all’ermeneutica a rendere difficile la riappropriazione di un concetto critico di ermeneutica e di un’etica ermeneutica. In terzo luogo, è tutt’altro che facile considerare l’etica come un aspetto centrale dell’ermeneutica filosofica proprio per quella via che va da Dilthey a Gadamer e ad Heidegger, via che preferenzialmente segue l’interesse estetico e/o ontologico e non l’interesse etico-critico.

Se si analizza Verità e Metodo, la prima parte è considerata generalmente e non a caso un contributo all’Estetica, la seconda parte può e deve essere ritenuta un contributo alla questione delle Scienze dello spirito e la terza parte un contributo all’Ontologia. In presenza di queste difficoltà, la strategia che intraprende Conill in questo suo nuovo libro è tentare di dimostrare che non solo l’interpretazione che Gadamer dà di Kant non è adeguata, ma che è possibile anche e soprattutto trovare in Kant un potenziale ermeneutico. Secondo Conill, infatti, l’ermeneutica contemporanea si può connettere a Kant, in special modo a partire dai seguenti punti: 1°, con la Critica del giudizio, nella quale emerge la “capacità di giudicare” come tale, insieme alla funzione dell’immaginazione e la soggiacente idea della vita alla quale non si è solitamente prestata attenzione; 2°, con l’Antropologia pratica o morale, l’Antropologia in senso pragmatico che comprende una “Estetica della libertà” e una Metodologia della ragion pratica che, insieme alla capacità di giudicare, costituiscono la base di un nuovo modello di “applicazione” etica di “Pragmatica della libertà”.

Indubbiamente sono pochi gli autori che hanno riconosciuto questa potenziale relazione tra Kant e l’ermeneutica, tuttavia esistono almeno due strade di trasformazione della filosofia kantiana che conducono all’orizzonte ermeneutico della filosofia attuale: quella nietzscheana e quella gadameriana. La prima è stata esposta da Conill in alcuni lavori anteriori a questo, in particolare nell’opera El poder de la mentira, ove emerge un’etica della fatticità radicale nella volontà di potenza (Nietzsche), nella versione, cioè, di un’“etica della trasvalutazione dei valori”. La seconda strada, quella privilegiata da Conill, è quella appunto gadameriana, per cui viene delineata un’ermeneutica filosofica, ma da prospettiva di un’etica ermeneutica della fatticità con un (nuovo) senso critico: una teoria ermeneutica, se si vuole apelianamente ispirata, a partire dalla dialettica tra fatticità (o storicità e contingenza) e idealità.

Sulla base di questi presupposti, Conill intraprende la sua ricostruzione degli aspetti etici ridiscutendo Heidegger e Gadamer o meglio rivisitando gli elementi heideggeriani dell’ermeneutica di Gadamer, tra i quali spicca proprio il fascino che provocò in Gadamer l’idea di un’ermeneutica della fatticità formulata da Heidegger. Ma Conill, nel suo sistematico lavoro retrospettivo, non manca giustamente di ripercorrere il percorso che porta da Heidegger a Hegel, da Kant ad Aristotele.

Sulle basi sopra menzionate l’autore riesce a determinare le caratteristiche di un’etica ermeneutica ridefinendola col termine di “etica della fatticità” e apportando, con questa ridefinizione dell’ermeneutica, un contributo rilevante per la riformulazione dell’etica contemporanea. Questa ridefinizione ha una doppia valenza: permette, da un lato, di ampliare la morale, ovverosia di far emergere il fondo esperienziale dell’ambito morale della nostra vita, le fatticità storiche e vitali che ogni volta si vanno riducendo a meri “señales de tráfico”; dall’altro, ci aiuta a determinare lo statuto della ragione che opera nelle cosiddette “etiche applicate”.

La necessità di articolare la crescente complessità vitale e rispondere alle esigenze dettate dal pluralismo nei diversi ambiti della nostra vita personale, professionale, istituzionale, ha dato luogo alla nascita delle etiche applicate, e un’etica ermeneutica, come quella che propone Conill, non solo contribuisce a rischiarare lo statuto della ragione che opera in esse, ma si mostra anche come una “etica della responsabilità”, facendosi carico della ricchezza e della profondità dell’esperienza vitale, di fronte a puri formalismi e procedimentalismi.

Un’etica ermeneutica critica della fatticità permette, inoltre, per l’autore, di progettare un’autentica etica della responsabilità in contesti complessi e plurali come i nostri. Un’etica, dunque, quella elaborata da Conill, che interessa i diversi ambiti e i diversi ordini della vita sociale e che abbraccia tutti i settori: dalla morale alla politica, dall’economia alla tecnica e alla stessa azione sociale.

In coerenza con quanto sopra esposto, il libro si struttura analiticamente in tre parti. La prima parte si domanda se è possibile parlare di un “Kant ermeneutico” o almeno “ermeneutizzabile”, compito non facile o addirittura impossibile se si seguono le tracce analitiche di Gadamer. Questa prima parte si suddivide a sua volta in tre sezioni. La prima sezione è dedicata a far emergere, come si anticipava sopra, alcuni aspetti della Critica del giudizio kantiana che si connettono all’ermeneutica, come la nuova funzione dell’immaginazione e l’importanza del “sentimento della vita”, termine che posteriormente userà Dilthey. La seconda sezione intende disvelare quello che l’autore denomina “estetica della libertà” e “pragmatica della libertà” a partire dall’Antropologia pratica e dalla Metodologia della ragion pratica kantiana. La terza sezione si propone di correggere l’immagine della tradizione umanista così come delineata da Gadamer. Una tradizione che, secondo Conill, Gadamer recupera in modo inadeguato, laddove potrebbe, invece, costituire un possibile vincolo fra Kant e l’etica ermeneutica critica.

La seconda parte del libro si divide anche in tre sezioni: la prima espone i principali sensi (ontologico ed etico) che si sono attribuiti a questa “ermeneutica della fatticità”, che suole considerarsi come la prima formulazione dell’ermeneutica filosofica fondamentale contemporanea e che nella prospettiva analizzata dall’autore si può definire: gadameriana. Le sezioni seconda e terza fanno emergere i principali tratti del peculiare modo di sapere che questa “ermeneutica della fatticità”, così come proposta da Conill, apporta in senso etico: un sapere pratico e ermeneutico (di applicazione e di esperienza) che parte dalla fatticità e dalla storicità dell’esperienza, ed il cui modello è, in principio, la phronesis aristotelica, situata in un determinato ethos.

La terza parte del libro affronta le difficoltà relative alla possibilità di un’etica ermeneutica “critica”. Le domande di fondo sono: è possibile legare le etiche di Aristotele e di Kant, la fatticità dell’esperienza vitale e storica e la riflessione critica? Come esercitare la “critica” senza cadere nelle difficoltà di un procedimentalismo etico e riuscire ad elaborare qualcosa come un “universalismo ermeneutico” a partire, appunto, dalla fatticità dell’esperienza, della vita e della storia? La risposta a queste domande cruciali è affidata a tutta una serie di riflessioni che inglobano tanto l’etica discorsiva (Apel e Habermas) quanto l’etica dell’alterità e del riconoscimento (Ricoeur), tanto l’etica dell’autenticità (Taylor) quanto l’etica della “pietas” (Vattimo).

Affinché l’ermeneutica non si chiuda in un discorso autoreferenziale e si immunizzi da possibili e dovute contestazioni, Conill apre, non da ultimo, al pensiero scientifico, così come proposto, per esempio, dal Razionalismo critico (Albert), partendo dal presupposto che un’etica ermeneutica, se vuole rispondere alla complessità del reale, deve assumere la fatticità dell’esperienza, epperò neanche dimenticare la fatticità delle conoscenze scientifiche.



[1] Jesús Conill, Ética hermenéutica – Crítica desde la facticidad, Tecnos, Madrid, 2006.

[2] Jesús Conill, El poder de la mentira. Nietzsche y la politica de la transvaloración, Tecnos, Madrid, 1997.

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