TOPOLOGIK.net   ISSN 1828-5929      2008, nº 3


Ricordando Kurt Gerhard Fischer:

maestro di vita e di scienza

Michele Borrelli

 

1. L'allievo

Il problema normativo in pedagogia ha, storicamente, due accessi: il paradigma teleologico di Aristotele e il paradigma soggettivistico di Kant. Il paradigma teleologico di Aristotele consiste nell'eudemonismo della totalità; esprime una gerarchia di valori indiscussi, nonostante suddivida la società in un'antinomia di uomini liberi e schiavi. Siffatto paradigma, mantiene, oggi ancora, un suo specifico terreno di legittimazione in concezioni etico-politiche e antropologiche dell'uomo, per sua natura, diseguale.

Se concordiamo con le premesse etico-politiche e antropologiche sulle quali è basato il sistema filosofico di Aristotele, il problema normativo della legittimazione pedagogica non ha più ragione di esistere, perché l'accettazione del telos classista della tradizione filosofica greca diventa necessità non soltanto per la politica e la società, ma anche per l'educazione.

A ben vedere, però, l'etica aristotelica è in contrasto già con la precedente, vale a dire con l'etica di Socrate. L'etica socratica è una mediazione tra norme sociali e coscienza individuale.

Il paradigma etico del diritto della società sull'individuo deve fare, pertanto, i conti con il paradigma implicito all'etica socratica, del diritto individuale, come fa osservare giustamente Hegel1.

La maieutica socratica anticipa l'aporia della fondazione pedagogica dei valori. Difatti, Kant, con il suo concetto di uomo, è certamente più vicino all'etica socratica, che non a quella aristotelica. L'uomo kantianamente è scopo in sé, soggetto della legge morale, per mezzo dell'autonomia della sua libertà.

L'imperativo kantiano di dover riconoscere l'umanità nella propria persona come nella persona di ogni altro si contrappone al paradigma del diritto della società. Se c'è un imperativo morale, o meglio, un imperativo che, kantianamente, possa pretendere validità incondizionata e universale, è quello dell'uomo e della sua dignità. L'imperativo kantiano prescrive il rispetto della dignità nella persona di ognuno, quale premessa indispensabile, vincolata, in senso etico, alla libertà.

La dignità kantiana è riconosciuta all'uomo, indipendentemente da valori. Ai valori precede la dignità, con la sua validità universale, a priori, da distinguere dalla validità contingente dei primi, perché in dipendenza dal rapporto scopo-mezzo. È questa dipendenza dei valori dai rapporti scopo-mezzo che ci impedisce di assumerli a criteri della dignità della persona. La dignità della persona è, invero, indipendente e non ha alcuna relazione con il rapporto scopo-mezzo.

Se dessimo validità incondizionata a tali premesse, potremmo accantonare il problema normativo della legittimazione pedagogica dell'agire umano. Ma è ovvio che questa validità non può esser data per scontata.

Probabilmente non avremmo difficoltà nell'accettare, forse anche consensualmente, la differenza tra dignità dell'uomo e valori, né avremmo difficoltà nel ritenere la dignità dell'uomo imperativo categorico a valenza universale. Le difficoltà sorgeranno nel momento in cui si vorrà, e pur si dovrà, dare un contenuto positivo che distingue, appunto, una categoria a priori da valori. Chi, pertanto, assume in pedagogia il soggettivismo kantiano come teoria sufficientemente adeguata alla soluzione del problema della legittimazione normativa, deve pur evidenziare i parametri assiologici, i contenuti teleologici oggettivamente accettati o, almeno, accettabili, in senso a priori, e deve, così, altresì fare i conti con quella che Adorno chiama dialettica della cultura2.

La “soluzione” del problema normativo nell'educazione pare, rimandi, invece, alla complessità dei rapporti tra pedagogia, etica e politica.

Ma per pedagogia, oggi, non può più intendersi una propedeutica in funzione dell'ordinamento sociale tout court, né una disciplina pratico-ermeneutica che possa vantare la possibilità di costituirsi in scienza, poiché espressione di un'etica storico-culturale, di una filosofia che raccoglie, in senso omogeneo, le articolazioni e le contraddizioni della “comunità culturale”, né, evidentemente, un momento pratico di applicazione dell'etica politica aristotelica o maieusis ridotta o riconducibile a socializzazione.

Parimenti, anche il ricorso ai rapporti tra pedagogia, etica e politica non è sufficiente a dare una risposta fondativa al problema della legittimità pedagogica, se questo ricorso non tiene conto dei problemi epistemologici non risolti che sono parte costitutiva, essenziale, di ogni teoria socioscientifica e che hanno causato una grave scissione teoretica in seno alla stessa pedagogia. Si tratta di un problema fondamentale, giacché tocca direttamente il concetto stesso di scienza e di scienza pedagogica e poiché le differenze metodologiche tra pedagogia empirica e pedagogia normativa sono, ormai, tali da formare addirittura una contrapposizione insanabile. Non ci sarà, perciò, soluzione al problema della legittimazione di norme, se prima non si risolve il problema della scientificità. L'empirismo pedagogico nega la scientificità della pedagogia normativa.

L'indirizzo empirico in pedagogia si ritiene l'unica forma di scienza pedagogica, scienza sperimentale, ricerca disinteressata dei fatti, antidoto alla metafisica pedagogica. Ora, questa non è, evidentemente, la sede per approfondire la controversia, ma vorrei accennare, se non altro, due pregiudiziali dell'empirismo pedagogico, poiché esse formano il contenuto “critico” di contestazione nei confronti della scientificità della pedagogia normativa. La prima pregiudiziale è che per ricerca scientifica bisogna intendere, esclusivamente, esperienza; la seconda pregiudiziale è che la pedagogia normativa farebbe a meno dell'esperienza o che, in ogni modo, la trascurerebbe. Intanto, potremmo ricordare agli empiristi in pedagogia che già il concetto di esperienza non presuppone alcun consenso (Gadamer)3 e, inoltre, che ci sono, al di là dell'esperienza empirica, molti altri gradi e molti altri campi di esperienza e che, pertanto, ridurre l'esperienza a quella empirica equivale all'amputazione della stessa esperienza. Ma passiamo, sinteticamente, alle premesse dell'empirismo.

La teoria pedagogica empirica si ritiene l'unica forma di scienza pedagogica, perché baserebbe la sua ricerca sui criteri della filosofia analitica, secondo cui un enunciato è giudicato rilevante nonché valido se capace di sostenere l'esamina empirica, la verificazione, la falsificazione (Stegmüller, Popper)4. Questo criterio metodologico ha, indiscutibilmente, un suo fascino e una sua logica, giacché può sembrare evidente che enunciati incapaci di sostenere quel tipo di esamina empirica dovrebbero rivelarsi speculazioni metafisiche non vincolanti e, per conseguenza, da scartare dal campo della ricerca. Ma, a ben vedere, a monte del criterio empiristico di “falsificazione” si nasconde la pseudoevidenza che il grado di scientificità degli enunciati dipenda dal grado di capacità di sostenere quel tipo specifico di esamina empirica. L'oggettività risulterebbe dalla verifica intersoggettiva che ognuno, ovunque, potrebbe sperimentare: l'argomento empiristico non va di là da questo circolo vizioso. In verità, nel concetto empirico di scienza non si fa, affatto, a meno di premesse assiologiche come dimostra lo stesso criterio che un enunciato non può avere carattere vincolante o significato scientifico se non è rapportabile a fatti intersoggettivamente osservabili e, quindi, verificabili. Se seguiamo la logica scientifico-empiristica, dovremmo scegliere tra scienza (empirismo) e metafisica (pedagogia normativa). Frattanto, la stessa “ricerca dei fatti” non è priva di premesse assiologiche; essa non è neutrale, come l'empirismo, in generale, e l'empirismo pedagogico, in particolare, vorrebbero far credere. Indipendentemente dal rigore epistemologico con il quale autori come Habermas e Adorno sono riusciti, per le scienze sociali, a evidenziare tale connessione, già Flitner5 ha potuto dimostrare, per la pedagogia, che la ricerca dei fatti non è scevra da concetti assiologici e che la validità della ricerca empirica e, a maggior ragione, la validità della conoscenza pedagogica sono determinate dalle nostre esperienze prescientifiche o, per dirla con Bollnow, dall'ermeneutica dell'esperienza data prescientificamente6. La metodologia empirica prescrive che la valenza di enunciati ipotetici è in dipendenza da processi di verifica. Ma la prescrizione è essa stessa una pregiudiziale tutt'altro verificata o verificabile con lo strumentario empirico-analitico. Gli enunciati non si svincolano dal loro carattere antiscientifico e/o metafisico, nel senso della filosofia analitica di Popper, perché riconducibili a fatti verificabili! In verità, il criterio di conferma empirica di proposizioni ipotetiche riduce arbitrariamente la ricerca, fa parte delle pregiudiziali “preontologiche”, ma nel senso storpiato di Heidegger7 e rimanda, in ogni caso, a strutture a priori che interessano, purtroppo, non solamente il concetto di scienza, ma altresì il concetto di uomo, ma di un uomo non più come imperativo. Nel senso assiologico, l'uomo è tagliato fuori della ricerca empiristica. Ma liberarsi assiologicamente di questo imperativo equivale a liberarsi della premessa pedagogica più essenziale, del centro stesso di ricerca, dell'obiettivo che è, e rimane unico, l'uomo; equivale alla perdita dell'obiettivo prioritario in cambio di una metodologia che diventa scopo a sé e cade, conseguentemente, nell'astrazione. Di sicuro è che nei concetti di pedagogia, empirici o normativi, come pur si vogliono denominare, non possiamo rinunciare alla comprensione “ontologica” della vita in luogo di una oggettività empirica sterile, ridotta alla ricerca di dati di fatto intersoggettivamente verificati o verificabili. In pedagogia la necessità di un fondamento filosofico è sostanziale. Ecco perché una pedagogia (empirica) che si sveste del filosofico è la caricatura di se stessa, equivale alla perdita del sé pedagogico.

A questo punto – prima di passare alla teoria didattica elaborata da Fischer, poiché essa si colloca proprio a cavallo tra empirismo ed ermeneutica, cercando di evidenziare il concetto di scienza, le affinità con la filosofia analitica e la connessione profonda che questo concetto ha con i modelli normativi in pedagogia, nonché il rapporto empirismo ed ermeneutica – diamo uno sguardo allo status della teoria e didattica dell'educazione politica nella Germania del dopoguerra.

La dittatura nazista aveva causato non soltanto la perdita degli elementi democratici del testo costituzionale della repubblica di Weimar8, ma si era rivelata, in poco tempo, antitetica ai valori che, storicamente, costituivano la base del concetto di democrazia.

Lo “studio critico del passato” (Aufarfbeitung der Vergangenheit) di Theodor W. Adorno9, l'esigenza sempre più sentita in non pochi di dover sottoporre ad analisi rigorosa le cause dell'avvento nazista al potere e il loro rapporto con quanti, consapevoli o non, hanno contribuito al crollo delle istituzioni democratiche, dissentono completamente dalle intenzioni imposte dalle forze conservatrici al potere, e sostengono la necessità di non soffermarsi più su quanto è successo, perché ciò che conta è cercare di superare il passato (Bewältigung der Vergangenheit), anche al prezzo di tacere sulla verità dei fatti.

Non soltanto intellettuali di destra come Christian D. Voss, e anzi in modo più accentuato Carl A. Von Rade e Heinrich Wolf, ma anche intellettuali della portata teorica di Georg Kerschensteiner, se non proprio con intenzioni identiche a quelli, si fecero portavoci di un concetto a-storico di educazione politica, in cui si escludeva, a priori, ogni momento di riflessione critica. L'educazione politica rimarcava, così, i canoni dell'ideologia hegeliana, di un'educazione allo Stato e per lo Stato.

Teorici come Paul Natorp, Friedrich Dörpfeld e Friedrich W. Foerster conservano inalterato il potenziale critico nell'educazione, ma non si deve dimenticare che questi intellettuali formano, piuttosto, l'eccezione al contesto reazionario in pedagogia.

L'apertura ideologica, che nel dopoguerra seguì al monopolio nazista, ebbe, naturalmente, le sue conseguenze altresì sull'insegnamento politico.

Le prime teorie didattiche degli anni Cinquanta esprimono un ritrovato pluralismo ideologico che via via andava allargandosi e si sostituiva all'ideologia monolitica nazista. Ma con quale lentezza tale trasformazione ideologica avvenne, è comprovato dall'enorme risonanza che suscitò il libro “Svolta dell'educazione politica” (Wendepunkt der politischen Erziehung), che l'ex-nazista Friedrich Oetinger pubblicò nel 1951 con lo pseudonimo di Theodor Wilhelm. L'influenza che questa opera ebbe sull'insegnamento politico nelle scuole tedesche e su teorici liberali di destra come Wolfgang Hilligen10, mostra quanto lontano si era dall'obiettivo di Adorno di dover necessariamente studiare criticamente il passato.

Categoria centrale della pedagogia di Wilhelm è la cooperazione (Partnerschaft) sociale, nonostante si sia alla presenza di una società che andava ricostituendosi dopo la dittatura nazista e che richiedeva, certamente, un'analisi molto attenta dei conflitti di classe, che erano al suo interno, per individuarne contromisure adeguate. Si richiedeva ben altro che la ideologia dell'armonia sociale.

Toccò a teorici della portata di Theodor Litt, Erich Weniger, Heinrich Weinstock, Eduard Spranger, Arnold Bergstraesser, Fritz Borinski, Alfred Petzelt e pochi altri contestare l'ideologia di Wilhelm.

Tralasciando, in ogni modo, di discutere le particolarità delle difficoltà politiche e metodologiche di porre la concettualità didattica su basi analiticamente scientifiche di società e Stato, si può constatare, in Germania, un interesse sempre più crescente nei riguardi dell'insegnamento politico nell'intero decennio che va dal '50 al '60.

L'interesse si muove su due indirizzi didattici, in ogni caso, ideologicamente in stretta connessione. Nel primo indirizzo si preferisce un insegnamento ridotto all'apprendimento di nozioni su società e Stato, avvalendosi di una pseudosistematicità, nella quale non ha più posto l'analisi delle strutture sociali fondamentali. Nel secondo indirizzo l'apprendimento è ristretto agli ambiti delle esperienze dell'educandus e si legittima tale restrizione con il ricorso a concetti pseudopsicologici: inserire l'educandus in campi via via più ampi e complessi, “dal vicino al lontano”, “dal concreto all'astratto”, “dalla famiglia allo Stato” e così via.

Non vi sono dubbi che in entrambi gli indirizzi vi sia un netto rifiuto (ideologico) di confrontare l'educandus con le conflittualità sociali, l'utilizzo di una astratta armonia, il comprendere l'educazione esternamente alle strutture di potere e di dominio, il mantenere l'educandus in uno stato di apoliticità, quindi, nel più alto grado di ideologizzazione proprio per “sottrarlo” all'ideologia.

La così denominata svolta (Wende) politico-pedagogica vi fu, più tardi, per davvero, ma si rivelò contraria a quella teorizzata da Wilhelm, soltanto dopo le pubblicazioni di Josef Derbolav, Hans Scheuerl, Martin Wagenschein, Wolfgang Klafki, Kurt Gerhard Fischer.

Questi teorici sostituirono la pseudosistematicità, cui prima si faceva cenno, con parametri critici d'analisi delle strutture sociopolitiche e socioeconomiche. I nuovi parametri didattici sono l'esemplare (das Exemplarische) e l'elementare (das Elementare)11.

 

2. Il maestro

 

Kurt Gerhard Fischer è da annoverare, come rilevò lo stesso Klafki, tra i precursori della svolta critico-scientifica.

Così Fischer, in un suo saggio: “[…] il mio impegno in questo tipo di problemi scaturisce dalla speranza di contribuire con i miei sforzi a far sì che, limitatamente alle possibilità umane, venga posta ogni cura per risparmiare ai nostri figli e nipoti […] quanto ha fatto dell'età giovanile della mia generazione, per un verso o per l'altro, un inferno; a far sì, in altre parole, che ci venga risparmiata, in un tempo prevedibile, la "ricaduta nella barbarie" ”.

In questo senso, penso che se "più democrazia" è sempre meglio di "meno democrazia", la democrazia carente, come oggi spesso è accusata d'essere la "democrazia formale", è sempre meglio di un regime dispotico e addirittura totalitario, se non altro perché da "poca democrazia" è più facile arrivare a "più democrazia", che non da uno stato di sottomessi a una "più ampia democrazia"”12.

Per Fischer la didattica della politica non può rinunciare a categorie valoriali, non può ridursi semplicemente a logica empiristica. Di qui, conseguono alcune condizioni per l'elaborazione concettuale delle teorie e per la costruzione della teoria della politica. In via di principio, il processo di costruzione teorica implica la necessità di intendere ogni singolo enunciato come una ipotesi che deve sottostare a molteplici verifiche. L'enunciato è soggetto alla verifica logica e alla verifica semantica. Naturalmente, questo non è sufficiente al processo di elaborazione di teorie che pretendono validità scientifica. Le teorie scientifiche presuppongono che le sequenze degli enunciati siano anche verificabili in ordine alla loro correttezza metodologica e che il teorico sottoponga la propria concettualità ad analisi autocritica ed ideologica.

Fintantoché, quindi, per i sistemi di enunciati non si dà la minima possibilità di corroborarli attraverso procedure meditate di falsificazione, fintantoché le ipotesi non siano convalidate da esaurienti ricerche didattiche empiriche, in grado di rispondere all'istanza di una conveniente significatività, e tale da porre a disposizione anche gli strumenti di verifica, è da tenere saldamente presente il carattere ipotetico di siffatte proposizioni. Ma la necessità scientifica, che gli enunciati trovino il loro supporto anche mediante la ricerca empirica, non dà sostegno, per Fischer, all'ipotesi che la didattica della politica abbia o possa avere il suo fondamento nella metodologia empirica o, addirittura, empiristica. La didattica della politica, come la pedagogia in generale, non possono rinunciare a categorie di valore. Ma il fatto di non poter rinunciare a simili categorie implica, certamente, non la sospensione, bensì l'introduzione dell'imperativo categorico di una adeguata indipendenza degli enunciati da esse, tale, ovviamente, da non consentire a chiunque di introdurre come enunciati ontici pleonasmi, tautologie e i più soggettivi giudizi di valore, e tale, come conseguenza, da portare la “produzione” di costruzioni teoriche ad assurdità assiologiche.

Perspicuità e legittimazione delle costruzioni teoriche della didattica della politica non conseguono, in ogni caso, solo dalla stretta connessione fra realtà sociale e realtà politica, ma altresì dall'altrettanta stretta connessione tra contesto teorizzato e giudizi di valore che precedono allo stesso contesto o, comunque, scorrono in esso.

L'elemento “prescientifico”, al quale abbiamo ampiamente accennato, anche se elaborato in gradi elevati di riflessione paradigmatica, influisce su ogni costruzione teorica. Senza questo input di carattere assiologico non è possibile teoria didattica della politica.

È in questo contesto epistemologico che la teoria di Kurt Gerhard Fischer offre il suo contributo più rilevante alla didattica, in generale, e alla didattica della politica, in modo particolare.

Intanto, è da rilevare che per quanto riguarda il problema della legittimazione pedagogica degli obiettivi e dei contenuti di apprendimento, nella teoria didattica tedesca, si partiva da due presupposti poco convincenti: in primo luogo, che fosse possibile strutturare contenuti educativi anteriormente alla domanda sul “cosa” insegnare; in secondo luogo, si riteneva possibile giungere scientificamente a sistematiche di contenuti, validi sempre e ovunque.

Kurt Gerhard Fischer inverte l'ipotesi didattica proponendo di partire dagli obiettivi per scendere in un processo di deduzione fino alla selezione dei contenuti e alla strutturazione dell'insegnamento13. Ma partire dagli obiettivi significa, altresì, non rifiutare il confronto con il problema epistemologico di una possibile consensualità su valori fondamentali e sulla verifica semantica di essi.

Quali sono possibili obiettivi dell'educazione politica? Fischer elabora la seguente tipologia: Kenntniserwerb (raccolta di dati di fatto, cognizioni, informazioni); Erkenntnisfindung (appropriazione di strumenti, metodi conoscitivi); Einsichten (categorie di valore a priori, confronto con criteri di valutazione).

La prima categoria di obiettivi è implicita alla seconda (appropriazione di strumenti conoscitivi); entrambe le categorie sono, a loro volta, premessa alla terza, alla categoria Einsicht.

Quali sono gli argomenti epistemologici che fanno da fondamento a tale tipologia di obiettivi e alla loro connessione?

Ogniqualvolta si fa oggetto di riflessione problematiche sociopolitiche, s'intende da sé che ciò è impossibile senza la raccolta di fatti, di informazioni, di conoscenze, della valutazione dei motivi del cristallizzarsi dei fatti. Ma l'analisi dei fatti non può fermarsi dinanzi alle due categorie Kenntniserwerb, Erkenntnisfindung, piuttosto deve rapportarsi alla categoria Einsicht, giacché non esiste una conoscenza fine a se stessa. La motivazione dell'analisi del sociale, l'interesse conoscitivo (Croce), l'erkentnisleitendes Interesse di Habermas, sono, come oggi ben sappiamo, anteriori in senso logico alla stessa ricerca e formano premesse fondamentali, inconfutabili, ad ogni analisi socioscientifica14.

La seconda categoria di obiettivi implica sia l'appropriazione di metodi di analisi, sia il training della formulazione di giudizi scientificamente fondati. Gli obiettivi della seconda categoria sono, pertanto, una risultante del processo dialettico tra metodi analitici e criteri valutativi.

Le “conclusioni” che conseguono dal processo dialettico di metodi d'analisi e criteri valutativi sono giudizi a posteriori. Epistemologicamente si parte dall'assioma di base, che nelle scienze sociali vi siano più “gradi” di conoscenze intersoggettivamente validi. L'assioma conferma che i presupposti ipotetici teorico-scientifici della didattica di Fischer differiscono da proposizioni strettamente empirico-analitiche e si inoltrano nel campo dell'ermeneutica. Questa, in ogni modo, non è la sede per approfondire i problemi epistemologici che conseguono per la scientificità dei sistemi enunciati dall'applicazione di “ipotesi di valore” o di “ipotesi neutrali” nella valutazione di società e politica. Va da sé, almeno dopo quanto finora evidenziato, che la formulazione di obiettivi presenta implicazioni teorico-scientifiche e valoriali. Se si dovesse, per motivi “metodologici”, escludere dalla riflessione didattica queste implicazioni, verrebbe a mancare la teoria che forma lo strato di legittimità della stessa didattica e, così, anche ogni sua pretesa scientifica. Se è vero che non c'è analisi socioscientifica che sia possibile senza il ricorso a decisioni di valore, è anche vero che la didattica delle scienze sociali non può fare a meno di esse, se non al prezzo di dover rinunciare come scienza a se stessa. La scientificità della didattica della politica, il suo costituirsi in teoria scientifica, non vengono, quindi, meno perché si propone il ricorso a istanze normative, di provenienza certamente anche “ideologica” e sicuramente non intersoggettive nel senso di ipotesi “nomologiche” del razionalismo critico di Popper, ma, anzi, proprio per il ricorso a quel tipo di istanze. Non sarà certamente la filosofia analitica a dover decidere sulla scientificità della didattica della scienze sociali!

Vero è che la didattica della politica, come la didattica delle scienze sociali in generale, non possono porsi esteriormente alla problematica implicita al dissenso metodologico nelle stesse scienze sociali, che esse devono costituirsi in scienze tenendo conto dell'aporia epistemologica nella quale rimangono, in ogni caso, coinvolte e senza avanzare pretese di dedurre oggettivamente metodi e strumenti assoluti. Sicuramente la via da seguire non è il servirsi “complementarmente” di metodologie in contraddizione fra di loro come ne è un caso esemplare la costruzione teorica di Hilligen, il quale pensa di risolvere il problema epistemologico “unificando” la metodologia della scuola razionalistica viennese con quella critica di Francoforte. Per le ben modeste possibilità che offrono le metodologie socioscientifiche basterebbe leggere soltanto quanto scrive lo stesso Popper. Metodologie che si contraddicono non possono essere unificate: tale “unificazione” non conduce a più intersoggettività scientifica15.

Le contraddizioni epistemologiche confermano soltanto la indispensabilità di giudizi di valore non solamente per le scienze sociali, ma anche per le scienze strettamente empiriche.

In ogni modo, l'insegnamento politico non può arrestarsi davanti a queste contraddizioni. La politicizzazione dell'educandus ha bisogno del confronto con le premesse di base che costituiscono gli stessi sistemi scientifici. Va da sé che portare l'educandus a questi livelli di astrazione di riflessione teorica è compito di tutto il curricolo scolastico.

Ma ritorniamo alla teoria didattica, qui in discussione, e passiamo alla terza categoria di obiettivi, alle istanze normative Einsicht.

Innanzi tutto, bisogna premettere che sia per la teoria in sé, sia per sue singole parti, in questo caso precipuo per il fondamento teorico degli obiettivi Einsicht, vale quanto vale per le scienze sociali in generale, e cioè il presupposto della storicità, che non significa, comunque, riproporre il postulato di Popper, secondo cui nelle scienze sociali potrebbe trattarsi al più di ipotesi scientificamente valide solo nel senso di analogia con le ipotesi delle scienze naturali16. Vero è, invece, che da sistemi ipotetici della didattica delle scienze sociali non si possono pretendere soluzioni teorico-scientifiche che vadano di là delle soluzioni metodologiche di politologia, sociologia, psicologia, ecc.17

In ogni modo, sia le istanze normative, sia i criteri di rilevanza didattica, sono connessi, in questa teoria, a valori filosofico-antropologici e sociofilosofici fondamentali. A tal input normativo dovranno affiancarsi, se si vuole dare alla teoria didattica un fondamento valido, da un lato, i contributi della psicologia dell'apprendimento nonché gli apporti derivanti dal rapporto tra contenuti d'apprendimento e teoria della conoscenza, e metodi dell'analisi del sociopolitico, dall'altro.

Se seguiamo il modello didattico Einsicht, ci imbattiamo in una serie di criteri didattici che avrebbero bisogno di ulteriori precisazioni e approfondimenti, questione che, in questa sede, bisogna tralasciare limitandoci alla presentazione dei criteri fondamentali:

  1. criterio fondamentale della legittimazione pedagogica sono le categorie Einsicht di rilevanza filosofico-antropologica e di rilevanza sociofilosofica (vedi più avanti il quadro sinottico);

  2. poiché non vi è una sistematica alla percezione della totalità sociale, si sostiene il criterio del principio esemplare (exemplarisches Prinzip), ovvero il principio della riduzione del sociopolitico al fondamentale (das Fundamentale) delle sue strutture, naturalmente non perdendo di vista il rapporto con le tre categorie di obiettivi: Kenntniserwerb, Erkenntnisfindung, Einsichten;

  3. poiché non si giunge alla percezione della totalità del sociopolitico se non attraverso il lavoro minuzioso di analisi su tagli (Ausschnitte), di esso, assume particolare rilevanza il criterio del principio casistico. Si tenga conto, però, che insegnamento esemplare e casistica sono identici. L'analisi dei tagli del sociale ha come obiettivi: la comprensione della struttura fondamentale dell'oggetto, del “caso”; l'elaborazione critica delle problematiche del caso in rapporto alle ramificazioni e alle strutture con la totalità; infine, la presa di posizione sul caso, la riflessione autocritica dei giudizi che stanno alla base d'ogni presa di posizione;

  4. poiché, didatticamente, non ci rimane altro che selezionare i tagli del sociale, che si vuole e si deve far oggetto di riflessione, criterio della selezione è dare priorità a quelle tematiche, nelle quali è più facilmente possibile comprendere le strutture fondamentali di potere (economia, politica) e i motivi di base delle contraddizioni sociali nei loro rapporti con gli stessi poteri e, d'altro canto, che permettano, nello stesso tempo, l'autoriflessione (problemi di intolleranza, di razzismo, pregiudizi, ecc.)18.

Il principio casistico implica un altro criterio, vale a dire quello dell'interscambiabilità dei contenuti. Interscambiabilità che non significa, in ogni modo, poter rinunciare alla doppia valenza didattica che nei contenuti scelti deve esser presente. Il principio della casistica non deve, pertanto, essere confuso con un apprendimento, accidentale, sporadico19 su società e politica, piuttosto come un metodo che tenendo conto delle motivazioni e degli interessi degli educandi li riporta al contesto generale delle strutture sociopolitiche fondamentali e alle sovrastrutture che ne formano la legittimazione ideologica.

Il modello didattico Einsicht propone come obiettivi prioritari giudizi di valore a priori. Sono giudizi che possono essere accettati o rifiutati, certamente non possono essere, in alcun modo, imposti, attraverso processi educativi o assolutizzati nel senso di valori oggettivi, sovrastorici, ma il rifiuto non comporterebbe un distanziarsi da posizioni normative in cambio di posizioni più “neutrali” o più “scientifiche”, soltanto seguire parametri etici o, in ogni modo, altrettanto normativi. Al problema dell'ideologia non si sfugge!

L'opzione di Fischer in favore di un minimo di valori fondamentali come base didattica, politica e sociale rimanda ad un assioma prioritario, e cioè all'assioma che in una società complessa, articolata in classi e strati, caratterizzata da stratificazioni e divisioni, sia meglio per tutti disporre di un massimo di opportunità per confrontarsi con giudizi di valore diversi e avere illimitato diritto di giungere al proprio orizzonte normativo. Ma le trasformazioni sociali che tendono ad avvicinarsi al massimo di una esistenza degna dell'uomo, presuppongono che alcuni valori fondamentali siano riconosciuti a tutti e da tutti. Chi rifiuta il consenso su questi valori, rifiuta anche i valori dell'emancipazione dell'uomo. Viceversa vale, altresì, che chi fa sua l'idea dell'emancipazione, proponendola come idea-chiave della riforma dei curricula, deve battersi per un consensus minimum atque omnium, tenendo conto del fatto che l'emancipazione non è data a noi, una volta per tutte, che non è in nostro “possesso”, ma che rimane impegno storico, e battersi, altresì, per il diritto a formarsi una coscienza critica del sociopolitico, promuovendo attraverso processi educativi la capacità di sviluppare, rafforzare questa coscienza e agire in conformità ad essa.

Per chiarire meglio la proposta etico-politica di questa teoria segue il quadro esplicativo delle categorie Einsicht e delle conoscenze fondamentali (Erkenntnisse):

  1. Einsichten di rilevanza ‘filosofico-antropologica’

1.1 Tutti gli uomini sono, per natura, uguali.

1.2 È impossibile immaginarsi l'uomo senza la sua libertà naturale.

1.3 Tutti gli uomini sono dotati di intelletto e sono intellettualmente capaci.

1.4 Gli uomini sono capaci di tutto: l'uomo non è per natura né buono né cattivo; l'uomo è ambivalente.

 

  1. Einsichten di rilevanza ‘sociologica’ e ‘sociofilosofica’

2.1 L'uomo è un essere con dei bisogni.

2.2 L'uomo è, per natura, zóon politicón (animale politico).

2.3 La soddisfazione dei bisogni dell'uomo (bisogni materiali, automantenimento, esistenza della specie) non è possibile senza la creazione di istituzioni, regole, strumenti.

2.4 Gli uomini sono empiricamente disuguali; per la realizzazione di se stessi vi è, perciò, bisogno in ogni società di un ‘Minimum di accordo’ alla base del comportamento.

 

  1. Conoscenze fondamentali per definizione di specifica rilevanza politica

3.1 Lo Stato è una istituzione sociale, un prodotto della cultura umana.

3.2 La politica è il tentativo di promuovere gli interessi individuali, di gruppi e di istituzioni, sia per la società in generale che per società particolari, come quelle di un determinato Stato, individui, gruppi, istituzioni.

3.3 Gli interessi sono esigenze, divenute coscienti e articolate, di singoli e di gruppi in una società, per la soddisfazione dei bisogni e di un ordine sociale adeguato ad essi.

 

  1. Deduzioni delle predette Einsichten di princìpi dal contenuto evidente per la democrazia

4.1 La più umana articolazione di interessi di singoli, di gruppi, di istituzioni e di Stato è quella che tiene conto per tutti delle Einsichten di rilevanza filosofico-antropologica e sociologico-sociofilosofica.

4.2 È democratico quello Stato che rispetta tali Einsichten, le accetta e pensa di realizzarle. Stato democratico è quello che permette la partecipazione alla vita sociale degli appartenenti alla società. Lo Stato democratico merita questa partecipazione.

4.3 La politica democratica ha come scopo la massima partecipazione di tutti i cittadini nel senso suddetto: i criteri principali sono il rispetto dell'uguaglianza e l'autonomia attraverso l'autorealizzazione.

4.4 La politica democratica non è interessata solamente all'ordine attuale della società, ma prepara anche l'ordine futuro per ogni membro della società.

4.5 La politica democratica è caratterizzata da questo continuo ricercare l'integrazione degli interessi differenti nella società. La politica democratica cerca di rendere possibili il riconoscimento (Erkenntnis) e la percezione degli interessi oggettivi e di convalidare queste differenze oggettive di interessi nella loro totalità. Ecco perché lo Stato democratico è il male minore.

4.6 La politica democratica parte dall'analisi di determinate condizioni sociali e supera gli antagonismi preesistenti: questi ultimi sono quelle contraddizioni che dissentono dalle Einsichten e rendono impossibili le oggettive differenze di interessi.

4.7 La politica democratica è caratterizzata dall'attinenza ad alcuni princìpi fondamentali dell'azione:

4.7.1 Nella politica lo scopo non legittima mai i mezzi, giacché il valore di una politica non sarà mai determinato solo dal suo successo, ma anche dal prezzo che per essa bisogna pagare.

4.7.2 In politica vi sono più opinioni. L'opinione ‘giusta’ non esiste. Ecco perché, politicamente si tratta di ‘meglio o peggio’, mai di ‘bene o male’

4.7.3 In ogni politica bisogna rispettare l'autonomia dell'uomo nelle decisioni di valore, connaturata alla sua libertà di natura, e alla quale l'uomo aspira. Nessuna istanza politica ha il diritto di proclamare una specifica ideologia (Gessinnung); nessun uomo può essere obbligato ad accettarla.

4.8 La possibilità di una politica democratica è condizionata da alcune conquiste sociali:

4.8.1 L'educazione di tutti come individui in seno alla società e per la società rende possibile la politica democratica e una democrazia politica funzionante. Ciascuno è direttamente interessato dalla questione politica; anche l'apolitico ha preso la sua decisione; la decisione politica apolitica non è democratica.

4.8.2 Tutto ciò che è stato ‘creato’ dall'istituzione sociale ‘Stato’ e per questa istituzione deve essere ritenuto superabile attraverso la critica razionale, e questa possibilità di superamento deve essere mantenuta cosciente nei cittadini.

4.9 La politica democratica aspira a rendere superflua l'istituzione sociale ‘Stato’; perciò, l'alternativa alla democrazia non funzionante non è ‘maggiore stabilità’ fino a forme totalitarie di potere, ma una democrazia che funzioni meglio. Ciò significa che la massima della politica democratica, la cui realizzazione traspare da ogni azione politica, è per definizione questa: sostituzione dell'alienazione delle strutture di dominio che la producono con forme di autonomia di individui e gruppi in tutti i rami della prassi sociale.


 

Note:

1 G.W.F. Hegel, Vorlesungen über Geschichte der Philosophie, “Opere”, vol. XVII, Stuttgart 1959, p.119.

2 Th.W. Adorno, Erziehung nach Auschwitz (discorso radiofonico del 18.4.1966), in Th.W. Adorno, Erziehung zur Mündigkeit, a cura di G. Kadelbach, Frankfurt 1970, pp.92-109.

3 H.G. Gadamer, Wahrheit und Methode. Grundzüge einer philosophischen Hermeneutik, Tübingen 1960, p.329.

4 W. Stegmüller, Hauptströmungen der Gegenwartsphilosophie, Stuttgart 2a ed. 1960, pp.382, 409, 456.

5 W. Flitner, Das selbstverständnis der Erziehungswissenschaft in der Gegenwart, Heidelberg 1957.

6 D.F. Bollnow, Der erfahrungsbegriff in der Pädagogik, in «Zeitschrift für Pädagogik», 3/68, pp.222-252.

7 M. Heidegger, Sein und Zeit, Tübingen 11a ed. 1967.

8 Cfr. Kurt Gerhard Fischer, Politische Bildung in der Weimarer Republik. Europäische Verlagsanstalt, Frankfurt 1970.

9 Theodor W. Adorno, in Gesellschaft - Staat - Erziehung, anno quinto, pp.3 sgg.

10 L'ideologia dell'armonia sociale teorizzata da Wilhelm fu riprodotta nei libri di testo di educazione civico-politica da autori come W. Hilligen. Le prime edizioni dei suoi testi scolastici “Sehen, beurteilen, handeln”, per le classi 5a - 6a - 7a- 10a, sono la prosecuzione dell'ideologia di Wilhelm.

11 Cfr. W. Klafki, Das pädagogische Problem des Elementaren und die Theorie der kategorialen Bildung, Weinheim 1957; Kurt Gerhard Fischer, Der Begriff der Einsicht im didaktischen Bedenken politischer Bildung, in «Pädagogische Rundschau», n.1, XIX anno 1965, pp.16 sgg.; K.G.Fischer, Das Exemplarische und der politischer Unterricht, in «Pädagogische Rundschau», XX anno 1966, pp.94 sgg.

12 Kurt Gerhard Fischer, Per una teoria dell'educazione politica, in M. Borrelli (a cura di), La Pedagogia Tedesca Contemporanea, Pellegrini, Cosenza 3a ed. riv. e ampl. 2001, p.400.

13 Nella teoria curricolare si è dato molto peso allo sviluppo di strumenti deduttivi logici, ermeneutici, empirici: non mancano tentativi ermeneutici-empirici sia per quel che riguarda la ricerca di una individuazione “oggettiva” degli obiettivi d'apprendimento, sia per quel che riguarda i contenuti dell'insegnamento politico. Sull'argomento si rimanda alle seguenti pubblicazioni: Michele Borrelli, Zur Strategie der Lernzielermittlung und ihrer Legitimation, in «BRD-DDR-Vergleich der Wirtschaftssysteme», Stuttgart 2a ed. 1976; Saul B. Robinsohn, Bildungsreform als Revision des Curriculum, Neuwied 3a ed. 1971; H. Blankertz, Curriculumforschung - Strategien, Strukturierung, Konstruktion, Essen 2a ed. 1971; A. Holtmann, Das sozialwissenschaftliche Curriculum in der Schule, Opladen 1972; H.L. Meyer, Einführung in die Curriculum-Methodologie, München 1973; C. Wulf, Das politisch-sozialwissenschaftliche Curriculum, München 1973; Kurt Gerhard Fischer, Emanzipation als Lernziel der Schule von morgen, in «Informationen zum Religionsunterrichts», 3+4/1970, pp.7 sgg. – ristampa in Kurt Gerhard Fischer, Überlegungen zur Didaktik des Politischen Unterrichts, Göttingen 1972 – 2a ristampa in Curriculumrevision im sozialwissenschaftlichen Bereich der Schule, a cura di P. Ackermann, Stuttgart 1973; Kurt Gerhard Fischer, Einige Schwierigkeiten und Probleme der Unterrichtspraxis im Hinblik auf Curricula und Curriculumtheorie, in «Curriculum-Entwicklungen zum Lernfeld Politik, Schriftenreihe der Bundeszentrale für politische Bildung», n.100,

Bonn 1974, pp.43 sgg.; cfr. Michele Borrelli, Lernzielermittlung - legitimation und - operationalisierung im Bereich Politischer Didaktik - Zwischen Ideologie und Wissenschaft, in Politische Pädagogik zwischen Pädagogik und Politik, a cura di Kurt Gerhard Fischer, Stuttgart 1976, pp.18-54; cfr. Kurt Gerhard Fischer, Wie ist Theoriebildung für die politische Bildung möglich, in Idem (a cura di), Zum aktuellen Stand der Theorie und Didaktik der Politischen Bildung, 3a ed. 1977; cfr. Kurt Gerhard Fischer, Jugendarbeitslosigkeit als Lerninhalt einer 8a Hauptschulklasse im ländlichen Raum Nordhessens, in Idem (a cura di), Unterrichtsskizzen zum Thema Jugendarbeitslosigkeit, Stuttgart 1977; Michele Borrelli, Unterrichtsmodell: Jugendkriminalität, in «Politische Didaktik», n.1, Stuttgart 1975, pp.55-87; Michele Borrelli, Unterrichtsmodell: Familie - Aus der Sicht der Kinder, n.4, Stuttgart 1976, pp.47-81; Michele Borrelli, Minderheiten in der Bundesrepublik - Das Beispiel “Gastarbeiter”, Stuttgart 1973; Michele Borrelli, Projekt: Umweltschmutz und Umweltschutz, Stuttgart 1974. Il concetto di Einsicht fu adottato, più o meno testualmente, nelle pubblicazioni didattiche di Rudolf Engelhardt (cfr. R. Engelhardt, Politisch bilden - aber wie?, Essen 1964) o utilizzato nel processo di legittimazione delle tre opzioni di Hilligen (cfr. W. Hilligen, Zur Didaktik des politischen Unterrichts I, Opladen 1975) o riprodotto come momento in cui culmina l'atto politico-educativo, come in Giesecke (cfr. H. Giesecke, Didaktik der Politischen Bildung, München 7a ed. 1972).

14 Cfr., a tal riguardo, le opere: Michele Borrelli, Politische Bildung in Italien – Revolution und Konterrevolution, Stuttgart 1973; Benedetto Croce, Materialismo storico ed economia marxistica, Bari 1973; Jürgen Habermas, Erkenntnis und Interesse, Frankfurt 1973. Per approfondire la questione rimando alle seguenti opere: K.R.Popper, Logik der Forschung, Tübingen 2a ed. 1966; Viktor Kraft, Die Grundlagen der Erkenntnis und der Moral, Berlin 1968; Ernst Topitsch (a cura di), Logik der Sozialwissenschaften, Köln 3a ed. 1966. Per quel che riguarda la filosofia analitica, cfr. Hans Albert, Konstruktion und Kritik, Hamburg 1972; Hans Albert, Wertfreiheit als methodisches Prinzip. Zur Frage der Notwendigkeit einer normativen Sozialwissenschaft, in E. Topitsch, Logik der Sozialwissenschaften, op.cit.; Jürgen Habermas, Analytische Wissenschatstheorie und Dialektik. Ein Nachtrag zur Kontroverse zwischen Popper und Adorno, in E. Topitsch, Logik der Sozialwissenschaften, op.cit.. Per la dimensione teorico-scientifica della teoria didattica di Kurt Gerhard Fischer, cfr. Wolfgang Stegmüller, Metaphysik, Wissenschaft, Skepsis, Frankfurt 1954. Sulla scia teorico-scientifica della filosofia analitica si muovono anche A. Nagel e Mario Bunge. Per quel che riguarda la pedagogia, rimando al lavoro di Wolfgang Brezinka, Von der Pädagogik zur Erziehungswissenschaft, Weinheim 1971. Per quel che riguarda, invece, la Scuola di Francoforte, cfr. Jürgen Habermas, Technik und Wissenschaft als Ideologie, Frankfurt 1969; Jürgen Habermas, Legitimationsprobleme im Spätkapitalismus, Frankfurt 1963; Jürgen Habermas/Niklas Luhmann, Theorie der Gesellschaft oder Sozialtechnologie – Was leistet die Systemforschung, Frankfurt 1971.

15 Wolfgang Hilligen, Zur Didaktik des Politischen Unterrichts I, Opladen 1975. Non pochi teorici si avvalgono, per sfuggire al problema, del testo costituzionale. Cfr. a tal proposito Hermann Giesecke, Didaktik der Politischen Bildung, München 7a ed. 1972; Bernhard Sutor, Das Menschenbild des Grundgesetzes – Minimalkonsens Politischer Bildung, in Kurt Gerhard Fischer (a cura di), Zum aktuellen Stand der Theorie und Didaktik der Politischen Bildung, Stuttgart 3a ed.1977; E.-A. Roloff, Politische Didaktik – Didaktik der Politik, in Kurt Gerhard Fischer (a cura di), Zum aktuellen Stand, ibidem; E.-A. Roloff, Erziehung zur Politik, 2 voll., Göttingen 1974; Bernhard Sutor, Didaktik des politischen Unterrichts, Schöningh 1971.

16 Karl Raimund Popper, Das Elend des Historismus, Tübingen 1965, p.1.

17 Michele Borrelli, Lernziele des Politischen Unterrichts-Hipothesen, in Idem, Lernzielermittlung - legitimation und - operationalisierung im Bereich Politischer Didaktik - Zwischen Ideologie und Wissenschaft, in Kurt Gerhard Fischer (a cura di), Politische Pädagogik zwischen Pädagogik und Politik, op.cit. .

18 L'ipotesi didattica dell'esemplare è stata ripresa da tutti i teorici della didattica politica in Germania. Cfr. Ludwig Helbig, Trends in der politischen Didaktik, in «betrifft:erziehung», n.2/1997. A giudizio di L. Helbig, le teorie didattiche di A. Holtmann e M. Borrelli non divergono.

19 Karl Raimund Popper, Die offene Gesellschaft und ihre Feinde, 2 voll., Bern 1957.


 

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2008, n°3