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È scomparso Aldo Visalberghi, filosofo ed educatore, pedagogista, organizzatore culturale, divulgatore, polemista tra i più arguti ed apprezzati |
Fra i maggiori esponenti della pedagogia laica e progressiva del nostro paese, fu tra l’altro fondatore dell'associazione «Movimento d'Azione giustizia e libertà»Aldo Visalberghi nacque a Trieste il 1° Agosto del 1919 e studiò al Liceo "Dante Alighieri" della stessa città. Ciò gli permise da sempre (come afferma lo stesso Visalberghi nel contributo al volume "Pedagogia italiana contemporanea", a cura del professore Michele Borrelli) di respirare "un'atmosfera culturale medioeuropea, indenne da ogni pregiudizio nazionalistico" (1). A questo clima di apertura contribuì, in momenti decisivi per la sua formazione, l'alta statura culturale e morale dei professori del liceo "Dante Alighieri", quali Guido De Vescovi, Antonio Stanich, Giorgio Radetti, Giorgio Fano, Baccio Ziliotto, Francesco Blasig ed in particolare Giani Stuparich (2). La formazione scientifica vi era curata mediante anche la frequenza assidua dei laboratori, non meno di quella storico-letteraria ed estetica (3). Nel 1941-'42 conseguì rispettivamente, alla Normale di Pisa, la laurea in Filosofia e il diploma di maturità didattica. A Pisa l'incontro decisivo fu quello con Guido Calogero che al panlogismo gentiliano sostituiva la sua "filosofia del dialogo" (4) e correggeva il rigorismo kantiano in senso "eudemonistico": il "gusto del gusto altrui" era la sola motivazione concreta degli atteggiamenti altruistici, pur nella loro potenziale (e doverosa) universalità (5). L'interesse di Visalberghi per i problemi educativi e scolastici è affine, sotto certi aspetti, al sentiero tracciato dai lavori di Guido Calogero: la vera educazione deve consistere in attività libere e congeniali come quelle del giuoco, la cui finalità precipua sia di abilitarci a fruizioni gioiose e partecipabili indefinitivamente, come quelle del giuoco, e insieme al gusto di limitarne, se necessario, gli aspetti personali perché possano goderne anche gli altri (6). Se lo "spirito del dialogo" non è altro che "gusto del dialogo", se esso fa parte di ogni tipo vero di "fruizione", se il gioco è tale che nel suo mondo noi siamo spontaneamente altruistici, non è poi detto che dal giuoco non possa emergere il gusto e la volontà di dialogo, giacché il giuoco è a fondamento della stessa cultura, e nella cultura vera il momento della soddisfazione e quello del dovere, sono assai più strettamente legati di quanto Calogero non sembri ammettere. Visalberghi si immerse successivamente nello studio della filosofia e studiò anche fisica, oltre che materie classiche e storico-letterarie, con molti altri validissimi docenti, ma Calogero gli fornì le principali coordinate interpretative e le conseguenti prospettive pedagogiche, introducendolo ad una lettura "dialettica" di Rousseau e svolgendo un mirabile corso di lezioni che raccolse nell'opera "La scuola dell'uomo" (7) . Calogero lo fece anche riflettere sui rapporti fra violenza e non violenza, tramite gli "Elementi di un'esperienza religiosa" di Aldo Capitini, suggeritagli come lettura di cui riferirgli e discutere (8). Ciò indusse Visalberghi a pensare in termini di liberal-socialismo pur senza che, mai, Calogero gli avesse fatto cenno della sua attività cospiratoria che lo portò al carcere ed al confino poco dopo che discusse con lui la sua tesi di laurea su "Il problema dei valori nel pensiero di Croce" (9) . Fra l'altro, Calogero lo aveva avviato alla lettura di Dewey, di cui piuttosto faticosamente (anche traducendone per l'Einaudi l'opera più impegnativa "Logica, Teoria dell'indagine") giunse a cogliere affinità e soprattutto differenze rispetto a Croce e rispetto allo stesso Calogero (10). Autorevole studioso di Dewey e della pedagogia dell'attivismo, Visalberghi ha pubblicato numerosi studi critici di argomento filosofico ed educativo dedicati a John Dewey. La sua attività di studioso è stata particolarmente intesa a chiarire i criteri metodologici e i presupposti storico-filosofici della pedagogia contemporanea ad indirizzo attivistico. Di qui la traduzione e la cura per l'Italia dell'opera filosofica maggiore di Dewey: "Logic: The Theory of Inquiry" (1949 e 1973), la monografia: "John Dewey" (1951 e 1961) e il saggio "La storia della filosofia nel pensiero di John Dewey" (1952, "Pubblicazioni della rivista critica di storia della filosofia", a cura di Mario Dal Pra) in occasione della morte del filosofo americano, dove è possibile rintracciare la linea di una evoluzione teorico-operativa ulteriore: nel "gioco" già evidente dei termini in relazione, ferma restando la laboriosità dei nessi via via stabiliti tra logica e pedagogia, pensiero e azione, individualità e socialità, scienza e umanità, matrice culturale e matrice biologica. Nel suo scritto del 1958 "Esperienza e Valutazione", ha introdotto e sviluppato il concetto di "ludiforme", rendendo esplicite le posizioni deweyane sul rapporto tra fini e mezzi e sulla natura degli interessi. In particolare, affrontò il concetto di "interesse" nella sua prima pubblicazione in volume: "John Dewey", che risale al 1941. Fu poi un lungo soggiorno negli Stati Uniti, in gran parte presso la Columbia University di New York (1952-'53), che gli diede lo stimolo per approfondire il rapporto tra fini e mezzi con filosofi e pedagogisti fra cui John Randall, Carl Hempel, William Kilpatrich e Carleton Washburne. Fu anche invitato a parlarne all'Università di Princeton e il testo della sua relazione, pubblicato dal "Journal of Philosophy", andò a costituire il capitolo centrale del suo scritto "Esperienza e Valutazione". Con le opere "Misurazione e valutazione nel processo educativo" (1953), con "Scuola aperta" (1960-'62), Visalberghi raggiunse nuovi risultati che se da una parte ribadiscono il punto di vista deweyano sul campo del binomio "gioco-lavoro", dall'altra parte lo arricchiscono considerevolmente. Durante tutti gli anni sessanta e settanta, l'indagine di Visalberghi si caratterizza per la costruzione (con pochi altri pionieri in Italia e in Europa) di una via italiana e internazionale alla pedagogia sperimentale; nell'attenzione alla dimensione comparativistica dell'educazione; nella messa in forse della legittimità teorica e scientifico-educativa di una "filosofia dell'educazione" come disciplina pedagogica a sé; nella partecipazione all'impegno politico-scolastico e nel privilegiamento esplicito delle "tecnologie educative" in quanto sedi avvantaggiate dello sviluppo del ludiforme. In questo ordine di idee, si capiscono, per un verso, le connessioni tra i due libri "Problemi della ricerca pedagogica" (1965) e "Ricerche pedagogiche nella didattica universitaria", curato con Maria Corda Costa (1975) e, per altro verso, le numerosissime attività di Visalberghi su svariati terreni: accademico, sociale, politico-amministrativo, ministeriale, sanitario, giuridico, scolastico-organizzativo. Particolarmente significativo il testo Pedagogia e scienze dell’educazione (in coll. con R. Maragliano e B. Vertecchi), pubblicato nel 1978, in cui espone la necessità di una scienza pedagogica che integri ed unifichi l'insieme delle conclusioni raggiunte dalle differenti scienze dell’educazione. Pur ammettendo l’esistenza di altre “scienze dell’educazione”, non concede loro carattere indipendente rispetto alla pedagogia. Ha, inoltre, collaborato a ricerche sulla scuola italiana; a istanze di base e organi collegiali di partito, in vista di concrete ed avanzate riforme istituzionali e legislative; alla fondazione del progetto Iard del Rotary Club di Milano, per l'individuazione e l'assistenza dei ragazzi dotati ma bisognosi, e del Cnite (Centro nazionale italiano tecnologie educative) di Roma; alla direzione di riviste scientifiche ("Scuola e città", quasi sempre con Raffaele Laporta e Maria Corda Costa; "Ricerca educativa", in qualità di presidente del Cede, Centro europeo dell'educazione) e di collane editoriali. È stato, fra l'altro, dirigente responsabile del progetto Iea (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), con Torsten Husèn, Gilbert de Landsheere, T. Neville Postlewaith, Benjamin Bloom; ha fornito apporti di grande rilievo nell'ambito dell'Ocse/Ceri, dell'Unesco, del Consiglio d'Europa e della fondazione europea della cultura. Il dottorato di ricerca in Pedagogia sperimentale è esplicitamente inserito in una prospettiva internazionale di studi. Visalberghi, infatti, è stato fra i maggiori promotori in Italia della ricerca pedagogica sperimentale, anche attraverso il Centro europeo dell'educazione da lui presieduto e come coordinatore di uno specifico dottorato interuniversitario. Ha insegnato alle Università di Torino e di Milano e dal 1962 all'Università "La Sapienza" di Roma come ordinario di Pedagogia. È difficile ripercorrere, con un minimo di organicità e stringatezza, le tappe di una carriera lunga e varia come quella di Aldo Visalberghi. Nel 1994, però, un suo amico e collega, Nicola Siciliani de Cumis, ha sintetizzato le posizioni pedagogiche dell'insigne pedagogista in un articolo contenuto nel periodico trimestrale dell'Istituto della Enciclopedia Italiana "lettera dall'Italia" (11), privilegiando in tutta la sua esposizione il concetto di "ludiforme". Il progetto pedagogico complessivo di Visalberghi si può comprendere, in particolare, recuperando l'idea-chiave del ludiforme attraverso l'impegnativa opera "Insegnare ed apprendere. Un approccio evolutivo" (1988). Ludiformi sono parecchie attività "serie" nelle quali è consciamente perseguita la funzione ulteriore dei fini intesi deweyanamente come "mezzi procedurali" indispensabili ad organizzare le attività in corso e ad assicurare loro ulteriori prospettive di continuità e arrichimento. Dall'esperienza di Dewey, Visalberghi trae la regola fondamentale per cui sempre il lavoro scolastico deve muovere da semplici occupazioni relative a materiali, preferibilmente grezzi, che il bambino tratta volentieri e giungere a proporsi dei fini che devono emergere, pian piano, da una prima attività puramente giocosa, per l'esigenza di rendere più significativa, più ricca, soprattutto più continuativa, l'attività stessa. Tutta l'attività scolastica non deve cadere dall'alto come un'imposizione, ma deve poggiare sui reali interessi del bambino e pertanto tutte le attività devono essere svolte all'insegna del ludiforme. Visalberghi è certo che la scuola e più in generale tutto il sistema formativo costituiscano la sede avvantaggiata per lo sviluppo del ludiforme. La scuola auspicata da Visalberghi e da tutta la pedagogia laica e progressiva del nostro paese, è, pertanto, una scuola aperta al progresso in ogni sua forma valida, aperta alla cultura, aperta alla vita e alle voci dell'ambiente naturale ed umano, aperta all'apporto delle scienze e all'esperienza del nuovo, aperta alla sperimetazione intelligente e scientificamente controllata, non meno che all'ispirazione originale e creativa e allo spirito di comprensione internazionale più sincero e costruttivo (12). Come per l'amico e collega Capitini, apertura per Visalberghi, vuol dire in primo luogo "non violenza" (13). Di qui il suo impegno sociale e pacifista ampiamente documentato in "Scuola e cultura di pace" (1985). L'ipotesi di fondo che regge questo testo è che compito primario della scuola, a tutti i livelli, è quello di formare cittadini responsabili. La scuola deve tener presente quest'esigenza nei termini in cui si presenta attualmente, in rapporto alle grandi scelte di guerre e di pace, di corsa agli armamenti o di disarmo, di conflitto economico o di solidarietà internazionale, di rispetto ecologico o di depredazione delle risorse del pianeta. Sono problemi strettamente collegati nella promozione di una cultura di pace: per saperli affrontare in modo serio, l'intero ventaglio delle materie di insegnamento ai vari livelli scolastici va aggiornato e migliorato nei contenuti e nei metodi, e questo non solo al fine di attuare un'educazione alla pace, ma anche per rendere in generale più ricca, più seria, più costruttiva e intelligente l'esperienza scolastica.
Francesca Caputo Note:
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L'articolo ripropone brani tratti dal contributo di Aldo Visalberghi, Per una pedagogia aperta, in Michele Borrelli (a cura di), La pedagogia italiana contemporanea, vol. I, Pellegrini, Cosenza 2a ed. 1995, pp. 353-365 e brani estratti dalla tesi di laurea di Francesca Caputo: Per una pedagogia del ludiforme, dedicata ad Aldo Visalberghi, discussa presso l'Università della Calabria nell'A.A. 1995-1996, relatore: il prof. Michele Borrelli.
Principali pubblicazioni in volume di Aldo Visalberghi:
- Scuola media e nuovi programmi (in coll. con altri autori), Firenze, La Nuova Italia, 1979, 4a ed. 1985). - Insegnare ed apprendere, un approccio evolutivo, Firenze, La Nuova Italia, 1988. |