TOPOLOGIK.net ISSN 1828-5929 Numero 4/2008 |
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Raúl Fornet-Betancourt
Tesi per una filosofia del presente*
Premessa
La filosofia può essere giustamente orgogliosa della sua grande tradizione. Su ciò, penso, in verità non dovrebbe esserci alcun dubbio. Con altrettanta sicurezza mi sembra si possa dire che il dialogo con la tradizione filosofica è e rimane un compito necessario per lo sviluppo della filosofia in ogni epoca storica.
Allo stesso tempo, dalla mia prospettiva, bisogna riflettere su questo fatto: se nel mondo moderno luogo della filosofia non deve essere il museo, allora la filosofia deve cercare di articolarsi come “filosofia del presente”, divenendo attuale, quindi, presente nella sua epoca, mediante una riflessione che colga i temi della contemporaneità e intervenendo praticamente.
Per fare ciò, però, non è sufficiente solo il dialogo con la tradizione, poiché, quantunque una “filosofia del suo tempo” si dispieghi come “pensiero del mondo”1 in rinvio ad Hegel o come prassi di un “giornalismo radicale” nel senso di Michel Foucault2 o sulla linea della realizzazione conseguente di ciò che Karl-Otto Apel chiama “rapporto storico”3 – mi fermo solo a questi tre esempi –, essa deve avviare un confronto diretto col mondo storico del suo tempo.
Ovviamente, la filosofia può avviare il dialogo col mondo storico solo “tenendo conto” della tradizione, ma solo nel confronto con i temi del suo tempo raggiunge una partecipazione attiva al presente della sua epoca.
Partendo da una comprensione che cerca di evincere la “filosofia del presente” dalla tensione dialettica fra tradizione e innovazione, illustrerò, ora, brevemente, alcune tesi che riassumeranno il programma per una trasformazione interculturale della filosofia4.
I
Una filosofia che si riappropria dell’attualità storica e che si costituisce come “filosofia del presente” deve essere, anzitutto, filosofia contestuale. Con filosofia contestuale bisogna intendere un “percorso di pensiero” che ha i caratteri di un “percorso d’apprendimento”, un percorso, cioè, attraverso cui la filosofia apprende che il mondo è formato da molti luoghi e da molte storie o meglio: che il mondo è culturalmente differenziato.
Di conseguenza, il percorso del filosofare contestuale è un viaggio attraverso le molteplici vie del mondo. La filosofia contestuale dispiega la sua discorsività in questo attraversamento dialogico del mondo e delle storie degli esseri umani. Una discorsività nella quale viene al linguaggio la molteplicità dei contesti del mondo con le loro tante culture.
Pertanto e inoltre la filosofia contestuale è quella forma di filosofia che non ha solo percezione del presente nella sua pluralità reale-contestuale, ma affronta anche pluralisticamente la “questione” della filosofia in senso metodico e nel senso dei contenuti. La filosofia contestuale esiste, dunque, solo al plurale.
II
Da una tale comprensione di contestualità di una odierna “filosofia del presente” non sussegue, però, né un contestualismo etnocentrico né una frammentazione relativistica della discorsività filosofica, né un rifiuto della comunicazione.
Poiché contestualità indica il “metodo” attraverso cui la filosofia può appropriarsi veramente in modo ampio della mondialità e porsi, così, nella condizione di corrispondere alla complessità contestuale del mondo, ne consegue l’obbligo allo scambio e al dialogo.
Per la filosofia la complessità non significa delimitazione, piuttosto, e al contrario, esperienza dei limiti attraverso i quali la comunicazione diventa necessaria: necessaria non solo per conoscere la visuale dell’altra parte (dello straniero che si incontra oltre il limite), ma anche per una migliore comprensione di ciò che si conosce come contestuale.
Dal punto di vista della dinamica della loro contestualità, le filosofie contestuali sono già dall’inizio in un processo di rapporti di comprensione reciproca tra il “proprio” e lo “straniero”, così che la loro pluralità è allo stesso tempo un forum di comunicazione o meglio: la condizione per un dialogo contestuale qualificato sulla molteplicità del mondo.
III
Nel dialogo delle filosofie contestuali, trova fondamento la possibilità del ri-orientamento interculturale della filosofia; un ri-orientamento che costituisce la condizione necessaria affinché la filosofia diventi un’attualità che si alimenta della plurilinguisticità del mondo storico e che, pertanto, sia in grado di posizionarsi, interculturalmente, nella storicità del mondo.
Una filosofia che muta interculturalmente – come risulta dal sopra menzionato obbligo alla comunicazione – non è, però, una filosofia che nega per principio e in modo semplice la pretesa universale – che viene sempre nuovamente avanzata nella tradizione – di una ragione filosofica.
L’interculturalità è, infatti, una via diversa di universalità, la via cioè della multilinguisticità o della pluralità dei linguaggi, che è una via che necessita di tempo. Quel che si contesta, allora, sono quelle forme dettate di universalità che – da prospettiva interculturale – sono da rifiutare in quanto affrettate; in altri termini, poiché esse ostacolano ed intralciano il discorso e definiscono l’universalità con i mezzi che si hanno a disposizione, così facendo dimezzano l’universalità.
IV L’arringa di una filosofia che muta interculturalmente a favore di una universalità diversa si concretizza, dal punto di vista pratico, nella critica all’ideologia neoliberalistica della globalizzazione, che diffonde l’illusione secondo la quale la globalità è uguale a universalità.
Alle strategie, nel così detto “mondo globale”, di omogeneizzazione e livellamento della molteplicità culturale, l’interculturalità contrappone – in corrispondenza della sua rinnovata visione di universalità – il programma di una ri-organizzazione dei rapporti tra le culture e tra i popoli della terra sulla base del principio del diritto alla molteplicità di uno sviluppo libero5.
Questo programma alternativo presuppone, però, una revisione critica della concezione storica lineare valida oggi ancora; tanto più che è proprio questa comprensione storica a formare, nel presente, la base di legittimazione per la determinazione del corso attuale della storia di tutta l’umanità, nel senso appunto di una espansione globale della civilizzazione “occidentale”.
V
Dalla prospettiva di una “filosofia interculturale del presente”, la critica della globalizzazione neoliberale deve essere proseguita dalla critica ad una concezione di storia che lega la storia all’immagine lineare orientata esclusivamente ad una logica di “progresso” che detta i tempi.
Il senso di questa critica sarebbe, quindi, quello di liberare il tempo storico degli esseri umani e delle culture dal tempo accelerato della civilizzazione dominante, con lo scopo di far emergere un mondo alla cui universalità appartenga anche la molteplicità di culture temporali. Ciò perché, in un mondo interculturale, la storia – soprattutto se vuole essere storia universale – si deve sciogliere dalla logica del tempo programmato del mercato mondiale e divenire orizzonte aperto dell’agire in cui si incontrano differenti esperienze di tempo, nonché diverse aspettative di tempo.
In questo senso l’approccio dell’interculturalità postula una pluralizzazione temporale della categoria della storia e include, perciò, anche il dialogo tra le differenti esperienze temporali nelle culture dell’umanità6.
VI
In quanto “filosofia del presente”, che comprende a partire dalla molteplicità della cultura la sua presenza nella situazione storica di oggi proprio come contributo alla trasformazione della così detta società mondiale, la filosofia interculturale favorisce, con la sua impostazione, una prospettiva di cambiamento. Prospettiva che si distacca sia dal multiculturalismo sia dal transculturalismo.
Diversamente dalle impostazioni multiculturali, la filosofia interculturale sottolinea che la sfida non consiste nel “regolare” la coesistenza culturale nella pluralità o di “amministrare” i rapporti esteri tra le tante culture, piuttosto nello sviluppare tra le culture una cultura di pratiche di vita interattive che caratterizzi la coesistenza effettivamente esistente in quanto, appunto, esistenza di reciproca interculturalità.
Al contempo, contro il transculturalismo, la filosofia interculturale fa valere l’ipotesi che l’interazione interculturale non conduce automaticamente allo scioglimento delle culture tramandate e alle referenze identitarie. La convivenza interculturale può attivare lati sconosciuti di ciò che si ritiene proprio e rispettivamente arricchire tradizioni contestuali, il che può condurre non ad un miscuglio senza centro identitario, piuttosto ad un rinnovato ri-dimensionamento delle culture d’origine.
Nel contesto di questo dibattito sul multiculturalismo e sul transculturalismo bisogna tener fermo che la filosofia interculturale nella sua interpretazione del presente parte dalla molteplicità delle culture; essa, inoltre, lavora con un concetto storico di cultura a cui appartengono, tra l’altro, la contestualità e la storicità come dimensioni di base dei processi culturali.
Per la filosofia interculturale la cultura non è da intendere in senso essenzialistico, né le culture costituiscono delle santità. Le culture non sono monumenti di un tesoro artistico intoccabile, piuttosto configurazioni storiche a servizio della piena realizzazione dell’essere umano.
VII
Il dialogo delle culture, che la filosofia interculturale come metodo propone per dispiegare un migliore “pensiero del mondo”, è da intendere come dialogo tra tradizioni storiche che, in consapevolezza della propria storicità, mediano reciprocamente il loro “percorso di formazione”, vale a dire la loro genesi e così facendo mettono allo scoperto la propria contingenza e la propria ambivalenza rispetto a ciò che sono diventate sulla base delle loro tradizioni.
Osservazione conclusiva
Le tesi formulate volevano riassumere brevemente
soprattutto alcuni tratti del programma della filosofia
interculturale come prospettiva per lo sviluppo di una
filosofia che si assuma la responsabilità di offrire un
contributo alla trasformazione dell’attualità storica
sulla base della molteplicità del genere umano. Per fare ciò – come dovrebbe essere anche chiaro – la
stessa filosofia deve trasformarsi. Questo compito,
però, – ci tengo a sottolinearlo alla fine del mio
intervento – non deve essere ritenuto fine a se stesso. La trasformazione interculturale della filosofia, come qui proposta, mira, alla fin fine, al miglioramento dell’uomo e ai suoi rapporti reciproci in un mondo plurale.
Le Tesi per una filosofia del presente sono state presentate da Raúl Fornet-Betancourt in occasione della cerimonia di premiazione della seconda edizione del Premio internazionale per la filosofia "Karl-Otto Apel" a lui assegnato. * Traduzione dal tedesco di Michele Borrelli 1 G.W.F. Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts, in Theorie Werkausgabe, vol. 7, Frankfurt/M. 1970, p. 28. 2 Michel Foucault, “Le monde est un grand asile”, in Idem, Dits et Écrits, I, Paris 2001, S. 1302. Il passo recita interamente : « Si nous voulons être maître de notre futur, nous devons poser fondamentalement la question de l’aujourd’hui. C’est pourquoi, pour moi, la philosophie est une espèce de journalisme radical». 3 Cfr. Karl-Otto Apel, Diskurs und Verantwortung, Frankfurt/M. 1988; e Idem, Auseinandersetzungen, Frankfurt/M. 1998. 4 Cfr. Raúl Fornet-Betancourt, Trasformazione interculturale della filosofia, Bologna 2006. 5 Cfr. Raúl Fornet-Betancourt, Filosofar para nuestro tiempo en clave intercultural, Aachen 2004; e Idem, La interculturalidad a prueba, Aachen 2006. 6 Cfr. Raúl Fornet-Betancourt, Interkulturalität in der Auseinandersetzung, Frankfurt/M. 2007. |
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